Vigne: il passato…

Ruderi e vigneto

Vintebbio – Come mostra la foto d’epoca un tempo si coltivava la vigna fino a ridosso dei ruderi dell’antico castello…

La cartolina mostra la località “Castello” che tuttora domina sul centro storico della frazione Vintebbio, siamo nel Comune di Serravalle Sesia, a pochi chilometri dalle colline sulle quali si coltiva tuttora il Gattinara. L’immagine è senza data, ma risale probabilmente agli anni a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale: le vigne –  impiantate bonificando la pietraia – si spingevano fino ai resti murari dell’antica fortificazione. La zona era raggiungibile solo percorrendo sentieri anche molto ripidi, e il trasporto dalle vigne alla cantina avveniva a spalle, mediante le gerle. I più fortunati potevano però disporre di animali da soma. 

Andiamo alla metà degli anni Quaranta del secolo scorso, ovvero all’immediato Dopoguerra. Don Florindo Piolo  – in Storia del Comune di Serravalle Sesia – analizza le risorse agricole locali e, riguardo alla parte montuosa così scrive:

Furono già un tempo le nostre colline, nel versante di Serravalle, tutte un fiorente vi­gneto. Ora la parte coltivata a vite è ridotta al minimo in confronto all’antico. La fillossera ha fatto strage di vigneti che non risorsero più al primiero splendore. Si aggiunga che la grandine e le continue frane nel terreno contribuirono a quello sconsigliato abbandono in cui sono lasciate, presentemente, molte vigne nel territorio di Serravalle. Degni di encomio sono i proprietari di Bornate, Piane, Vintebbio e Gattera i quali furono costanti nella coltivazione della vigna, supe­rando inaudite difficoltà, immensi sacrifici.

La  Fillossera, l’oidio e la peronospora:  i flagelli arrivati dal Nuovo Mondo

Verso la metà dell’Ottocento   dall’America arrivarono in Europa agenti patogeni prima sconosciuti: tra questi la fillossera, un afide divoratore di radici delle viti europee. Oltre agli insetti, da allora parecchie piante sono funestate dall’oidio (il cosiddetto “mal bianco”) e dalla peronospora.

Galle fillossera

Galle della fillossera su foglie di vite (Foto: Franco Gray)

La fillossera: un insetto che attacca soprattutto le radici delle viti europee. Insieme agli insetti, dal Nuovo Mondo furono importati anche funghi noti come “crittogame della vite”: tra questi l’oidio e la peronospora. L’oidio – il cosiddetto “mal bianco” – provoca sulle foglie delle piante attaccate  vistose macchie biancastre: si manifesta con il freddo, a stagione vegetativa iniziata. La peronospora produce invece il disseccamento delle foglie e dei grappoli… (Vedi foto “Mancati trattamenti”)

Un po’ di storia recente…

La foto  in basso mostra un tratto di vigneto organizzato “a tendone”. Siamo sul finire dell’inverno, dopo la potatura e la legatura dei tralci. I pali sono di legno di castagno e le legature sono state eseguite utilizzando i rametti dei salici o i lunghi germogli del rovo: l’immagine – che  risale  agli anni a cavallo tra  gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso – mostra una realtà ormai introvabile sia sul territorio serravallese che nelle altre località in cui la viticoltura è stata razionalizzata.

Coltura tradizionale della vite

Viti coltivate secondo metodi antichi: siamo a cavallo degli anni Ottanta e Novanta del Novecento (Foto: Franco Gray) 

Il sistema qui illustrato prevedeva lo svolgimento manuale delle pratiche colturali, dalla zappatura alla vendemmia. Il  lavoro si svolgeva per lo più chini sotto i tralci: l’erba veniva estirpata a mano o con il “picarel”, una sorta di zappa bicorne dal manico corto ma con denti lunghi almeno venti centimetri. I trattamenti fitosanitari diventavano molto faticosi: lavorando con pompe a spalla, occorreva chinarsi spesso per raggiungere i grappoli celati tra le foglie. La concimazione avveniva per lo più con sostanza organica…

La potatura

    Nel vigneto il ciclo agrario cominciava con la potatura secca. Ogni buon viticultore conosceva le piante della sua vigna a una a una e, per ricavare il massimo rendimento, le potava in modo da controllare lo sviluppo dei tralci fruttiferi, confidando negli influssi della luna: le piante vigorose che tendevano a sviluppare lunghi tralci erano potate in luna calante per diminuirne la vigoria, le altre in luna crescente. Dopo la potatura si procedeva alla legatura dei tralci usando i rametti di salice e le lunghe catene del rovo opportunamente trattate. Il tutto era raccolto in inverno e conservato al fresco, in cantina.  

In inverno si provvedeva alla fertilizzazione del terreno. La concimazione tradizionale era alquanto laboriosa e prevedeva la rimozione della terra tutto attorno alle radici: si formava una buca, detta “bosa”, nella quale  veniva poi accumulato del concime organico ben maturo. Terminata l’operazione, la terra era nuovamente sistemata e la bosa era chiusa.  Tale metodo di concimazione, ovviamente, fu abbandonato con l’introduzione dei concimi chimici: in questo caso il terreno, zappettato in primavera, era arricchito di preparati a base di azoto, fosforo e potassio di sintesi che, a detta dei coltivatori più avari, “… magari non riempivano le botti, ma di sicuro svuotavano il portafoglio”.

Tralci in primavera prima della fioritura

Vigneto inerbito in primavera: tralci in pre-fioritura (Foto: Franco Gray)

Fioritura della vite: ape sul in formazione

Grappolo in formazione: fioritura con ape (Foto: Franco Gray)

Nella foto a lato: primavera. Sui tralci fioriscono i primi grappoli. I trattamenti non sono ancora iniziati, le api bottinatrici e gli alti insetti che si avvicendano tra i fiori provvedono all’impollinazione. 

La legge vieta espressamente di eseguire trattamenti antiparassitari sulle piante in fioritura ma in genere a questo stadio la vite non necessita ancora di interventi con antiparassitari. I problemi inizieranno con le prime piogge fredde, quando occorrerà intervenire contro in “mal bianco”e per contrastare la peronospora, la nota Plasmopara viticola:  quest’ultimo fungo  si svilupperà in presenza di tempo umido e con l’aumento della temperatura: la soglia critica varia da zona a zona e secondo il grado di resistenza della diverse varietà. Ne sono indenni le cosiddette “Uve americane” in quanto – nel Continente di provenienza –  hanno sviluppato la capacità di resistere all’agente patogeno: di conseguenza non sono attaccate né dai funghi parassiti qui descritti né dalla fillossera.

I trattamenti

Grappolo con acini distrutti dalla peronospora

Mancati trattamenti: quel che resta di un grappolo d’uva a settembre (Foto: Franco Gray)

Dopo le prime piogge di giugno, occorreva combattere le malattie fungine: la peronospora e l’oidio erano molto temuti in quanto, attaccando i grappoli, talvolta distruggevano completamente i raccolti. Il solfato di rame da usare contro la peronospora di norma era venduto sotto forma di cristalli azzurri da sciogliere immersi nell’acqua, nei contenitori sistemati in un angolo della vigna.  Alla soluzione ottenuta si aggiungeva poi della calce, si rimescolava accuratamente e la poltiglia era finalmente pronta per essere irrorata sulle viti. Lo zolfo in polvere – diffuso mediante ingegnosi soffietti – era invece utilizzato per combattere l’oidio. I trattamenti antiparassitari si evolsero nel tempo: ancora alla fine della guerra si usavano gli irroratori a spalle, ma nei vigneti più estesi furono presto introdotte pompe più potenti ancorate ai contenitori degli antiparassitari e collegate a un lungo tubo flessibile che, trascinato in lungo e in largo, permetteva di spruzzare i tralci fruttiferi con un’efficienza maggiore. Le prime pompe erano azionate a mano, ma in seguito furono introdotti i modelli a motore e, insieme alle moderne tecnologie, il mercato offrì presto nuovi composti chimici: lo zolfo in polvere fu sostituito dallo zolfo micronizzato da impiegare in soluzione acquosa insieme agli altri antiparassitari. L’evoluzione dei prodotti chimici, in sostanza, andava di pari passo con quella delle attrezzature e, poiché il vino era considerato un bene prezioso, i coltivatori cercavano di stare al passo con i tempi. L’erba nelle vigne era considerata nociva in tutti i sensi: le tecniche di inerbimento  controllato non furono  quasi mai adottate e,  di norma,  si procedeva all’estirpazione manuale delle erbacce o si zappettava con il cosiddetto picarel. Il suolo nudo era pertanto soggetto a una forte erosione, soprattutto nei pendii. L’uso delle prime motozappe risale alla metà degli anni Sessanta, ed era necessariamente limitato alle rare terrazze pianeggianti;  in seguito,  al diserbo manuale e meccanico subentrò quello chimico, spesso con gravi danni per le piante da frutto che crescevano  nei pressi delle viti. Di tanto in tanto, e in particolare dalla fine di agosto in poi, si eseguivano modesti interventi di “potatura verde”: l’operazione prevedeva l’asportazione dei tralci che ombreggiavano i grappoli in via di maturazione e il distacco dei raspi danneggiati dalle malattie o dalla grandine.

Le cure del vigneto prevedevano (e prevedono) trattamenti antiparassitari legati all’andamento climatico. Nella zona presa  in esame si interviene contro l’oidio soprattutto a giugno e ai primi di luglio, ma la peronospora va combattuta fino a settembre per cui,  in caso di pioggia, occorre agire tempestivamente, pena la perdita del raccolto: se le precipitazioni erano frequenti, un tempo i trattamenti diventavano pertanto molto numerosi, ma negli anni Ottanta si diffuse l’impiego dei prodotti sistemici da utilizzare a calendario, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche e il numero di trattamenti necessari diminuì sensibilmente.

(Riduzione e adattamento da: Serravalle Sesia tra tradizione e modernità)

Tempo presente. Nelle vigne…

Panorama sui vigneti di gattinara

Moderni vigneti nella zona di produzione del Gattinara. Siamo ai primi di ottobre e i grappoli sono ormai maturi  (Foto: Franco Gray)

 

Trattore cingolato per trasporto uva dai filari alla pista principale

Vendemmia a Gattinara. La raccolta dei grappoli avviene manualmente, ma i cassoni pieni di uva matura sono trasportati mediante piccoli trattori cingolati (foto: Franco Gray)

A Gattinara le vigne si abbarbicano sui pendii meglio esposti. Ai primi di ottobre si vendemmia…

Grappoli maturi di Bonarda e api

I grappoli maturi della Bonarda attirano api alla ricerca di sostanze zuccherine (Foto: Franco Gray)

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Avvertenza – Testo e foto sono degli autori degli articoli – Sono gradite le condivisioni ma in nessun caso potranno essere utilizzati senza il lor esplicito  consenso degli stessi.

L’argomento “Vigne e vigneti” è in fase di espansione con progettazione in corso d’opera: si prevede la realizzazione di una rassegna sulle diverse varietà di uve da tavola e da vino, con riferimenti alle uve che non necessitano di trattamenti antiparassitari.   Le foto per completare la pagina  saranno richieste ai vari autori…

Testo e foto : Franco Gray (All’anagrafe: Franco Bertola)