Falispe scoppiettanti
Con “Lago di Sant’Agostino, streghe rospi e tesori” arriva la terza pubblicazione del gruppo “Le Falispe”. Edito dall’Associazione Supervulcano della Valsesia il libretto parla della magia che aleggia in quei luoghi. L’invaso – ricco di Storia e di storie – giace tra i monti che incorniciano il fiume Sesia, tra Quarona e Roccapietra.
Per saperne di più ecco uno dei link in cui questo stesso sito ha già affrontato l’argomento:
Il lago di Sant’Agostino: da ritrovo di rospi a sito di interesse comunitario
Testi di Daniela De Ambrosis (Dani Ciamp) e di Silvana Mazza
Consulenza, collaborazione e interventi di Alessandro Orsi e Marco Giardino – Foto di Franco Bertola (pen name: Franco Gray), Carlo Pozzoni e Mario Soster. Disegni di Michele Mancini e Giuliana Zanotti. Hanno collaborato Franco Cameroni, Giuseppe Gallo, Massimo Lacerenza, Giacomo Lorando, Tito Princisvalle, Gustavo Reale, Stefano Viola, Giuseppe Usellini
Stampa: Tipolitografia di Borgosesia s.a.s. (2017)
Scrive Alessandro Orsi nell’Introduzione:
[…] esuberanti manifestazioni della natura, concreti segni della storia degli abitanti della Valsesia, fantasiose e inquietanti leggende. […]
Gli antichi abitanti di questi monti, i Celti, coltivarono un rapporto speciale, impregnato
del senso del sacro, con le forze primigenie della natura, depositando nei boschi
dolmen, menhir, coppelle rudimentali. Tracciarono una dislocazione sacra, località per
vivere e altre per guarire e quelle per lavorare e altre per sacrificare e altre per morire:
santuari anfiteatri nelle selve, torri castello, campi dei morti, speroni di roccia, mastelli
d’acqua oscura, borghi dove si incrociano le acque. Credevano che esseri occulti, dei e
demoni, elfi e gnomi, fate e streghe, maghi, alme beate o purganti, ramingassero nei
dintorni rivelandosi in circostanze e spazi particolari.
[…] Nel Basso Medioevo il laghetto tornò protagonista. I Comuni valsesiani lottavano per l’autonomia della valle e per amministrarsi con Statuti propri, ma cozzavano contro le smanie di dominio di signori e vescovi nonché dei Conti di Biandrate, probabili edificatori dei due castelli sopra Roccapietra. A nord il castello dei Barbavara, famigerati feudatari dei Biandrate, venne distrutto dal popolo inferocito. L’altro, sopra il lago di Sant’Agostino, viene ricordato come castello d’Arian e ne restano tracce tenebrose quanto le ombre germinate dal lago.
[…] Quanti misteri in questo pentolone: druidi, coppelle, manieri, dolciniani, Barbavara, tesori nascosti, sorgenti sotterranee, streghe, presenze eteree tra roccia e acqua, a cui si aggiunge il bizzarro raduno dei rospi e il minaccioso movimento degli animali notturni. E mettiamoci pure qualche fosco episodio capitato nei paraggi negli ultimi secoli: lupi famelici, il patibolo dei giustiziati, scontri armati, le violenze di nazisti e fascisti, le esecuzioni sommarie. Qui può succedere di tutto tra realtà, fantasia, visioni oniriche. […]
Marco Giardino, in due pagine dense di informazioni, fornisce ragguagli sulle particolarità geologiche e geomorfologiche dei luoghi
[…] Le caratteristiche geologiche e geomorfologiche del paesaggio che circonda il lago sono molto particolari ed attraggono i ricercatori per i loro studi.
[…] Cominciamo osservando la valle che si percorre per salire verso il lago da Quarona. Questa… sì, la dobbiamo chiamare “vallecola”; le chiediamo scusa, ma dobbiamo farlo per poterla distinguere dalla valle principale, la Valsesia, molto più grande. E poi, diciamolo pure, la vallecola è molto strana: apparentemente non vi è alcun corso d’acqua sul fondo! Eppure, l’acqua ci deve essere da qualche parte… Infatti, quando piove molto, la vallecola si impaluda a tratti: è come se l’acqua risalisse piano piano dalle profondità […]
I geologi hanno provato a dare una spiegazione a questi fatti. E le ipotesi che
hanno formulato ci portano al tempo delle glaciazioni. A quel tempo,
i versanti molto ripidi di questa vallecola furono modellati da un’antica lingua
laterale del grande ghiacciaio della Valsesia; si trattava di una piccola lingua
glaciale parallela a quella principale che transitava tra Roccapietra e Quarona.
Quando il ghiacciaio principale smise di alimentarla, la lingua minore si
ritirò, lasciando scoperte le rocce molto fratturate dei versanti della vallecola.
Col passare del tempo, questi versanti sono divenuti instabili: molte fratture
si sono progressivamente aperte e blocchi rocciosi sono caduti sul fondovalle,
talvolta sbarrandolo. Ancor oggi, l’acqua che dilava i versanti s’infiltra
in profondità tra le rocce e anche tra i sedimenti sul fondovalle,
emergendo solo in occasione di grandi piogge.
[…] avvicinandosi ad un grande blocco roccioso, si osserva una sorgente e si può ascoltare il gorgogliare dell’acqua in profondità! Una bella sorpresa… oppure una magia, una diavoleria? Forse qualcuno lo avrà pensato… perché il grande blocco roccioso si chiama “Saas di Strij” (Sasso delle Streghe) e la sorgente “Ava Corna”… facendo pensare all’intervento di qualche essere diabolico e cornuto per far sorgere l’acqua dal profondo. In realtà si tratta di una delle possibili prove che il lago di Sant’Agostino è collegato in profondità con il resto della valle. Ecco la spiegazione che darebbero i geologi: “persiste una circolazione idrica nel lago benché sia privo di immissari ed emissari”. Che tradotto per tutti significa: il lago viene alimentato dalle piogge e dalle acque che circolano sui versanti e poi, piano piano, l’acqua si infiltra fra i sedimenti, riaffiorando più in basso. […]
La magica avventura di Michele
Il Racconto vede – in veste di protagonista – un bambino di nome Michele. Salito al lago insieme alla famiglia, Michele incontra un rospo parlante: si tratta di Artemisia, una strega buona vittima dei malefici della malvagia Genoveffa. Tra le acque si aprono e si chiudono vari gorghi, vere e proprie finestre aperte sul passato. Mentre Artemisia racconta le vicende di quanti ne popolarono le sponde il lago rivela ad un incantato Michele storie di battaglie, di tesori nascosti e di strane magie.
Qua e là il libro illustra gli aspetti naturalistici, il folklore e le leggende che fanno di sant’Agostino, il cosiddetto Lago dei “ciatri” (rospi) un luogo unico e misterioso.
Il libro è corredato di mappe. Testi a cura di Daniela De Ambrosia Bertola e di Silvana Mazza, foto di Franco Bertola (pen name: Franco Gray), Carlo Pozzoni e Mario Soster. Disegni di Michele Mancini e Giuliana Zanotti. Hanno collaborato Franco Cameroni, Giuseppe Gallo, Massimo Lacerenza, Giacomo Lorando, Tito Princisvalle, Gustavo Reale, Stefano Viola, Giuseppe Usellini.
Tra Scienza, Storia e Fantasia: immagini…
STRIX-STREGA
La parola Strega pare derivi dal latino Strix, termine usato per indicare un rapace notturno che vive nel misterioso buio. Secono alcune leggende popolari le civette, i gufi, gli allocchi e i barbagianni sono simboli di morte o di sventura.
I dintorni del lago sono popolati di vetusti castagni e di altri alberi cavi dove possono nidificare agevolmente i rapaci notturni. Nella foto un allocco che ha appena lasciato il nido: in questi casi i giovani sostano nelle vicinanze del luogo in cui sono nati, in attesa di ricevere cibo dai genitori. Tra gli altri animali che prediligono le cavità degli alberi ricordiamo i picchi e i ghiri.
Non solo piante e animali: il libro parla anche dei castelli della zona. Sull’altura che domina il lago tra il Poggio Pianale e il poggio Cerei rimangono le rovine dell’antico Castello di Arian. Sulle origini del nome di questo antico maniero si sono avanzate molte ipotesi: tra queste il libro cita la possibilità di un antico insediamento di seguaci di Ario, un eretico aspramente combattuto da Sant’Agostino. La Storia, purtroppo, non ci ha ancora svelato tutti i suoi misteri…
Oltre al Castello di Arian troviamo il famigerato castello di Santo Stefano o dei Barbavara. Per raggiungerlo occorre scendere a Roccapietra, superare il torrente Pascone e, lasciato l’abitato, seguire il sentiero ricco di reperti che raggiunge la sommità del monte. I resti del castello sono visibili anche dalla strada provinciale, ma vale la pena affrontare la salita e arrivare a toccare con mano quelle pietre cariche di storia.
Il castello di Santo Stefano fu fatto erigere dai conti di Biandrate: costoro dominarono la Valle per circa trecento anni. La rocca ebbe momenti di fortuna e momenti di sventura: distrutta una prima volta dai Valsesiani, fu ricostruita nel 1402 da Francesco Barbavara, la cui famiglia dominò la Valle fino a quando la costruzione, nel 1415, venne definitivamente smantellata.
Le figure che occuparono il Castello sono estremamente complesse e sfociano nella leggenda. Alcuni paesi della Valle vogliono infatti aggiudicarsi il merito della cacciata dei prepotenti dominatori ma, secondo altre visioni, i Signori del Castello furono i lungimiranti difensori della Valle…
Una leggenda che non trova riscontro
Si legge che a distruggere il castello fu un manipolo di coraggiosi che – nascosti in un carro di fieno – raggiunsero quel nido d’aquila per vendicare gli affronti subiti e – in particolare – per far cessare il famigerato “ius primae noctis” che sarebbe stato imposto dal Signore.
La storia del carro non regge perché, per raggiungere quell’isolata rocca, occorre percorrere una stretta e ripida mulattiera, per nulla agibile dai carri. Da rilevare poi che il citato “diritto della prima notte” non ha solidi fondamenti: dagli storici moderni è infatti ormai annoverato tra i falsi miti del Medioevo.
Ma la Storia, si sa, non finisce mai di stupire.
Vai a Pian Del Lago, un racconto tra natura e cultura
Il libro citato all’inizio – “Streghe, Rospi e Tesori” – illustra altre leggende e la ricerca sui racconti legati al territorio valsesiano continua – Chi volesse pubblicare qualcosa in questo sito potrà inviare proposte, immagini, testi o documenti a:
storienaturali@gmail.com
Aggiornamento – Dalla data di pubblicazione del presente articolo la zona dei resti del Castello di Santo Stefano (o dei Barbavara) sono stati ripuliti dai tronchi caduti e dalle piante infestanti. Una bella passeggiata da non perdere.
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