Un lago senza immissari ed emissari visibili…
In “Valsesia e Monte Rosa” don Luigi Ravelli tratta del laghetto di Sant’Agostino, un invaso fondo dai 3 ai 5 metri. La sua visione del sito è abbastanza inquietante:
“Giace, senza affluente né emissario visibile, in un desolato bacino, solitario come un deserto e muto come una catacomba. Le sue acque nutrono qualche tinca e parecchie sanguisughe: le pietraie che l’attorniano ospitano vipere ed aspidi in quantità”.
Possiamo poi leggere citazioni sui resti del Castello di Arian, sulla leggenda della botte piena d’oro e del Sasso d’Acqua Corna, un luogo adatto al ritrovo di streghe e di spiriti folletti. L’ultimo paragrafo è dedicato ai rospi:
“la Domenica delle Palme tutti i rospi convergono dal monte e dal piano per rimanervi fino al mercoledì Santo, poco prima che il Pievano incominci la lettura della Passio”.
I rospi
Con l’arrivo della bella stagione i rospi lasciano le zone relativamente asciutte in cui vivono per il resto dell’anno e convergono verso i corsi d’acqua dove le femmine deporranno le uova. Nel laghetto di Sant’Agostino la battaglia che precede l’ovodeposizione è senza esclusione di colpi: per avvinghiarsi alla femmina, i maschi lottano prima sulle sponde, poi nell’acqua. Le sanguisughe ne approfittano e talvolta riescono ad attaccarsi al corpo dei contendenti.
Al momento della deposizione del lungo cordone gelatinoso che contiene le uova la femmina lancia un grido stridulo che fa da richiamo agli altri maschi. La fecondazione avviene nell’acqua, tra un frenetico accorrere di contendenti che vogliono perpetuare il proprio bagaglio genetico.
La riproduzione dei rospi, come quella della maggior parte degli anfibi, è strettamente legata alla presenza di acqua. Il laghetto di Sant’Agostino – isolato tra i boschi, lontano dalle strade trafficate e dai centri abitati – rappresenta un sito ideale: per raggiungerlo, i rospi non corrono il rischio di finire schiacciati dalle automobili o avvelenati dai prodotti chimici. Il numero di rospi che convergono al laghetto è notevole. In altri corsi d’acqua capita invece di trovare pochi esemplari isolati, spesso una sola coppia.
La metamorfosi
Le uova sono fecondate nell’acqua al momento della deposizione. Il cordone finisce per impigliarsi nella vegeatzione sommersa.
I girini compiono – in poco più di due mesi – una metamorfosi che ricorda quei pesci muniti di zampe che, circa 300 milioni di anni fa, conquistarono la terraferma. Se la temperatura dell’acqua è favorevole, a Sant’Agostino in un paio di settimane le uova nere e rotonde diventano girini. Le zampe posteriori spuntano nel giro di un mese e, quando compaiono le anteriori, i girini perdono la coda. Durante l’estate i piccoli rospi iniziano la loro avventura sulla terraferma e si disperdono tra i boschi. Torneranno all’acqua solo per la riproduzione.
Dalle prime edizioni di “Valsesia e Monte Rosa” ai giorni nostri l’interesse verso il lago di Sant’Agostino è mutato profondamente. La zona che lo circonda è diventata S.I.C, ovvero Sito d’Importanza Comunitaria. Il luogo dove un tempo si guardava con raccapriccio ai rospi è ora destinato al mantenimento del particolare ambiente che lo caratterizza.
Non solo rospi…
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Nota – Quanto fin qui pubblicato sul laghetto di Sant’Agostino e i suoi dintorni è solo in abbozzo: si raccolgono pertanto osservazioni ed esperienze di ricerca in merito. Gli argomenti trattati spazieranno tra la fascia pianeggiante che, attraverso il Sasso dell’Acqua Corna, porta all’invaso inferiore e la mulattiera che da Roccapietra raggiunge il sito. Le osservazioni proseguiranno quindi verso i resti del Castello di Arian, sull’altura che chiude gli invasi. Chiunque abbia idee e materiale da pubblicare può inviarlo…
Testo e foto di Franco Bertola (Pen name: Franco Gray)