Serravalle Sesia è ubicato in provincia di Vercelli, nella Bassa Valsesia. Il Comune comprende le località Vintebbio, Bornate e Piane. Piane è circondata da grumi di case, i cosiddetti “cantoni”, popolate da un esiguo numero di abitanti. La frazione Quazzo è posizionata sui fianchi della collina che porta alla Pietra Croana, la località nota per la sua palestra di roccia, per l’ambiente naturale che la caratterizza e per la leggenda del Badich…
La Pietra Croana e le sue leggende
Passo dietro passo, dopo una ventina di minuti di cammino si raggiunge la base del massiccio vulcanico della Pietra Croana, ovvero il luogo in cui sorge il capanno del CAI di Novara e il punto di partenza di quanti vogliono utilizzare la palestra di arrampicata. Il paesaggio è ora caratterizzato dalle pareti quasi nude del massiccio di vulcanite e dagli sfasciumi di roccia colonizzati da arbusti, ginestre e roverelle. I boschi mostrano i segni lasciati dagli incendi degli anni dell’abbandono e i castagni sono danneggiati dai parassiti: tronchi e rami rivelano gli attacchi del cancro della corteccia e, anche in inverno, le foglie secche rimaste sui rami indicano la presenza massiccia del Cinipede galligeno. Qua e là si notano però i segni della presenza di mammiferi di grossa taglia e, dalla cima, di tanto in tanto si ode lo stridio acuto delle poiane.
Il luogo appare interessante non solo come palestra di roccia, ma anche per la flora e la fauna che lo popolano.
La leggenda del Badich
Stando alla leggenda, il Badich si rintanò sulla Pietra Croana in un’epoca indefinita, quando in zona ancora non vi erano altri rifugi. Fu forse un disertore delle armate spagnole, o un individuo che aveva comunque dei conti in sospeso con la giustizia.
Le leggende raccontano di lui in modi diversi: stando a quanto si legge in “Storia del Comune di Serravalle Sesia”, il Badich era un ricercato che si era stabilito in un antro a circa trenta metri dalla cima. Quel suo rifugio, scavato nella roccia viva, un tempo poteva essere raggiunto soltanto “calandosi dall’alto per una anfrattuosità pericolosa”. La località era considerata sicura perché quasi inaccessible e, allo stesso tempo, offriva qualche conforto: stando a quanto si narra nel testo citato, proprio davanti alla grotta vi era uno spiazzo baciato dal sole in cui “il solitario si sedeva in contemplazione”. Nei paraggi, un ruscello alimentava la conca d’acqua pura e, all’interno del suo rifugio, il Badich poteva disporre di una specie di giaciglio naturale.
Nonostante la presenza di acqua fresca, il Badich non disdegnava il buon vino: nottetempo lasciava infatti quel suo sicuro riparo e scendeva guardingo fino alla frazione Quazzo, dove la gente gli offriva da bere. La versione ufficiale racconta che un brutto giorno il poveretto si ubriacò e finì in fondo ad un burrone, ma forse le cose non andarono così…
L’evoluzione della leggenda del Badich
Le storie non sono mai raccontate allo stesso modo. Secondo altri autori infatti il Badich era una persona saggia e accorta che esercitava sulle ragazze del luogo un fascino irresistibile. Ingelositi dalle sue prodezze amorose, alcuni giovani pensarono di regalargli una botte di ottimo vino, in modo da farlo ubriacare: in questo modo il rubacuori sarebbe certamente precipitato nel burrone sottostante il suo rifugio e avrebbe tolto il disturbo. Con fatica notevole, un giorno la botte fu trascinata fino alla sommità dell’altura, presso il sentiero che porta alla grotta. Le cose, però, non andarono come i baldi giovani speravano perché il saggio Badich, sin dal primo sorso di vino, pronunciò un adagio rimasto celebre: “Il buon brodo…bisogna berlo con buon modo”. Detto e fatto raggiunse il suo antro, si procurò delle fiasche, ritornò alla botte e cominciò a travasarvi il contenuto. Il buon vino non fu dunque tracannato sul posto ma destinato all’invecchiamento: “… una cosa saggia, che non tutti fanno”, concludevano gli affabulatori più esperti mentre alzavano ancora una volta il bicchiere. E fu così che, grazie alla saggezza dimostrata, il fuggitivo continuò a vivere indisturbato nel suo rifugio.
Il ricordo del Badich è sopravvissuto al tempo. Le sue mitizzate vicende sono arrivate ai nostri giorni nelle forme più svariate e il personaggio è diventato la maschera carnevalesca della Frazione Piane.
(Rid e adatt. da Serravalle Sesia tra modernità e tradizione)
Il sentiero del Badich
Subito dopo il capanno del CAI, il ripido percorso che porta verso la vetta incontra la deviazione per il “Sentiero di Ho Chi Minh”. Da lì si procede lungo un tratto ben più agevole fino ad incontrare, poco più avanti, la “Tana del Badich”.
Il tracciato che raggiunge l’antro del mitico personaggio non è particolarmente difficile perché nei punti pericolosi sulla parete di roccia sono state fissate funi d’acciaio: aiutano a non perdere l’equilibrio e a superare facilmente i gradoni più alti. Chi soffrisse di vertigini nei pressi degli strapiombi dovrebbe tuttavia assicurarsi ai cavi che fiancheggiano alcuni dei punti più problematici.
L’ apertura di cui narra la leggenda si trova su uno strapiombo a pochi metri dalla vetta, proprio nel punto in cui il tracciato prima si stringe e poi si interrompe. Davanti alla cavità, aggrappati ai bordi del dirupo, alcuni arbusti sembrano volerne celare l’ingresso.
Il Sentiero del Badich offre panorami incantevoli…
Arrivati alla fine del Sentiero del Badich e incontrata la mitica grotta ci si accorge di quanto fervore sia capace la fantasia. Il covo del fuggitivo è infatti una sorta di riparo sotto roccia di dimensioni ridotte. Un tempo il piano di calpestio sarà stato forse più ampio ma… attualmente una persona riesce a rannicchiarvisi a malapena. Eppure la tana del Badich è stata spesso descritta come una confortevole spelonca…
Testo e foto di Franco Gray (all’anagrafe: Franco Bertola) – Disegno di Edoardo Campagnolo
La località Pietra Croana ha fornito spunti interessanti anche per la flora e la fauna che la caratterizzano: con l’arrivo della primavera, le pareti di roccia rivivono, pertanto si sta raccogliendo materiale relativo alle piante e agli animali che le popolano.
AGGIORNAMENTO
Alla fine di marzo del 2019 sulle colline che fanno da corona alla Pietra Croana scoppiarono furiosi incendi che bruciarono qualcosa come 2200 ettari di boschi (fonti giornalistiche) – Il fuoco divampò per nove giorni e vide l’opera di volontari e di mezzi aerei: fu infine spento anche grazie alla pioggia caduta il 4 aprile. Le fiamme distrussero purtroppo anche il capanno edificato dal CAI di Novara. Nella foto sotto – autrice Ambra Bellan – il fuoco arriva ormai nei pressi della Pietra Croana. La foto è stata scattata dalla pista che, dal ponte di regione Deambrosis (Piane Sesia), porta verso i Donelli.
Per quanto riguarda altri percorsi che raggiungono la Pietra Croana consultare
Da Gattinara alla Pietra Croana: i sentieri di fra’ Dolcino
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