I “taragn”
I “Taragn”, costruzioni con il tetto in paglia, sono una caratteristica del Monte Fenera e hanno connotato parecchie aree rurali della Bassa Valsesia. La loro origine è incerta: esistono testimonianze dell’VIII e del IX secolo che riferiscono di “tectores palloricias”; in epoca comunale troviamo norme che impongono misure cautelative atte a contrastare i frequenti incendi cui erano soggette le case con il tetto coperto di paglia.
Il percorso
Sorzano si raggiunge dalla frazione Castagnola di Valduggia percorrendo una ripida salita scavata nelle rocce metamorfiche, i micascisti. Lungo il tracciato si incontra una croce dalla foggia insolita che ricorda un oscuro fatto di sangue, o una disgrazia:
“Lorenzo Bottinelli – sta scritto su una lapide – fu da tutti conosciuto ed amato per la sua generosa bontà. Sia benedetta la sua memoria e la sua anima riposi nella pace dei giusti”. (1)
Dalla croce si prosegue osservando i resti di remoti terrazzamenti sostenuti da muri a secco che testimoniano l’ormai passata gestione antropica del territorio. I faggi, sempre più numerosi, indicano la lenta ma costante rinaturalizzazione del bosco a spese del castagno, specie favorita dall’autarchica economia dei secoli scorsi. Lungo il percorso si incontra la Cappella di San Grato, santo a cui ci si rivolgeva per propiziarsi le forze della natura. Della cappella, gli anziani ricordano un intervento di manutenzione avvenuto intorno agli anni ’50 ad opera di Silvestro Rotti, detto Luff (lupo) e Alfredo Mo che portarono a dorso di mulo i coppi per la sistemazione del tetto. Negli ultimi anni il Parco del Monte Fenera ha eseguito la completa sostituzione della copertura e la messa in sicurezza della struttura.
Dall’oratorio si prosegue in discesa fino a giungere ad un diradamento artificiale del bosco da dove si possono osservare la valle del Sizzone, la pianura e le sue città. Siamo al “ Pian dal Zanevru”, toponimo che ricorda un arbusto , il ginepro, un tempo abbondante tra i pascoli ombreggiati dai castagni da frutto. A poche decine di metri troviamo un bivio contrassegnato da una croce lignea di quasi due metri che riporta la data del 13.5.81. Fu costruita da Enrico Viotti – l’ultimo degli abitanti di Sorzano – proprio il giorno dell’attentato a Papa Giovanni Paolo II. Dalla croce si procede piegando a sinistra e dopo pochi minuti di cammino si arriva a Sorzano.
Sorzano e i “Taragn”
Un po’ di storia – A Sorzano tra il 1920 ed il 1927 vivevano stabilmente 3 famiglie: la famiglia Viotti era composta da otto membri, gli Scaletti da cinque, i Marini da tre. Nel 1927 la famiglia Marini se ne andò e progressivamente la frazione si spopolò. Nell’ agosto del 1964 c’era rimasto solo Enrico Viotti, detto Richetto, classe 1923. Ha continuato a lavorare e a custodire le tradizioni fino ad un paio di anni fa e ora vive a Valduggia.
Racconta Richetto che a Sorzano un’economia strettamente autarchica permetteva di vivere pressoché isolati dal resto del mondo. Nelle stalle, poste a lato del forno, il numero di mucche era condizionato dalla disponibilità di foraggio, per cui se ne potevano allevare poche: a volte una sola. Gli animali domestici (soprattutto maiali, galline e conigli) insieme all’orto, alla vite, alle piante di mele e di pere e alle risorse del bosco consentivano di sopravvivere. Tutto attorno, i pendii soleggiati erano terrazzati e coltivati prevalentemente a segale e patate, quelli meno fertili erano invece tenuti a castagneto. Mele, patate e vino venivano conservati nella “truna” la parte bassa dei taragn; nella parte superiore venivano riposti il fieno e le foglie; la segale, raccolta in covoni, occupava assieme alle castagne messe ad essiccare su graticci di vimini la parte più alta del fabbricato. Piccoli taragn, costituiti dalla sola copertura e sprovvisti di mura perimetrali, erano sparpagliati lungo i pascoli ed utilizzati per proteggere il foraggio destinato agli animali alloggiati nelle stalle.
Caratteristiche dei Taragn
I taragn valsesiani destinati a fienile o agli attrezzi hanno una luce compresa tra i due e i quattro metri. Altri hanno dimensioni maggiori e arrivano ai nove metri di lunghezza. La tecnica costruttiva usa pali di castagno scortecciati, con incassi e perni in legno. Gli spioventi del tetto sono a forte pendenza, il tronco del colmo è retto da una coppia di travi uniti in punta ed infissi su una banchina. Altre due coppie di travi sono disposte a croce di Sant’Andrea nel piano di falda: fungono da controventatura e danno rigidità al sistema. Sul telaio delle falde viene costruita una doppia orditura appesa al colmo ed appoggiata alla trave di base. Altri elementi orizzontali completano l’orditura poi, per coprirla, vengono fissati mazzetti di steli di segale sovrapposti fino a formare uno spessore di circa 30 centimetri: hanno un’anima di legno attorno alla quale la paglia viene legata strettamente. La struttura risulta semplice e leggera ma molto robusta, la copertura dura in media 30 anni, l’orditura in legno molto di più. Al degrado della copertura concorrono principalmente gli uccelli e i roditori che vi dimorano.
Sullo sfondo della foto, con il tetto ricoperto di lamiera, è ben visibile la casa colonica della famiglia di Richetto: il tetto un tempo era ricoperto di paglia. I pavimenti del piano terreno sono tuttora di legno, realizzati con tronchetti verticali infissi nel terreno.
Nota 1
Un giallo rimasto insoluto – Chi era Lorenzo Bottinelli (1840 -1899)? Contadino coniugato con Maria Scaletti, aiutava il suocero nella conduzione di una piccola fornace in località Boraccio, vicino a Rasco. Svolgeva altresi l’attività di mediatore e commerciava in prodotti alimentari. Contribui alla costruzione della strada che portava a Borgomanero e al fabbricato che ospitò successivamente le scuole di Soliva. Una sera, mentre rientrava con due sacche della spesa a tracolla, perse tragicamente la vita in circostanze rimaste misteriose. I familiari, non vedendolo rientrare, ripercorsero a notte fonda i sentieri a lui abituali e, nei pressi della croce, trovarono il cappello e un sacchetto. Poco distante fu rinvenuto il corpo esanime con una profonda ferita alla tempia causata da un legno che in parte era rimasto conficcato. Nessuno fu in grado di dire se fosse stato un incidente o un omicidio.
Pagina a cura di Tito Princisvalle – Impaginazione e adattamento: Franco Gray
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Aggiornamento – Enrico Viotti, detto “Richetto” si è spento all’età di 96 anni nel gennaio 2020.