Lotta biologica: “trapianti” di successo – Le formiche del gruppo Formica rufa sono qui raccontate  nella loro vita quotidiana e nelle strategie messe in atto per la loro diffusione. Originarie delle Prealpi lombarde, le formiche predatrici furono “trapiantate” anche negli Appennini.  La loro  funzione  è qui sintetizzata sulla base di alcune osservazioni sul campo e delle indicazioni fornite da una vecchia ma ancora utile pubblicazione cartacea  della Regione Lombardia…

Conifere e formiche del gruppo Formica rufa che attaccano un bruco (Fotoelaborazione: Franco Gray)

Tra le conifere, nel tipico ambiente delle formiche del gruppo Formica rufa: predazione di un bruco  (Fotelaborazione: Franco Gray)

Protette da leggi regionali, spesso confuse con le piccole formiche rosse che – quando pizzicano – provocano ponfi abbastanza dolorosi, le formiche predatrici meritano tutta la nostra attenzione: sono i nemici dei bruchi defogliatori…

Formiche con insetto verso l'imboccatura del nido

Formiche indaffarate nei pressi del nido. Siamo ai margini di una radura soleggiata (Foto: Franco Gray)

Si potrebbe iniziare l’articolo con una infinità di citazioni sulle specie ritenute utili per la conservazioni degli equilibri ambientali ma… è arrivato il momento di dedicare tutto lo spazio disponibile alle formiche del gruppo Formica rufa…

Nella foto a lato siamo in una modesta radura ai margini di un bosco di conifere talvolta utilizzato come pascolo: le formiche – sorprese sopra i residui vegetali che proteggono il loro nido – sono alle prese con una Panorpa. Difficile dire se si tratti di una preda o del ritrovamento occasionale di un insetto morto scovato nel sottobosco… 

Formica su ostacolo con insetto  (Foto: Franco Gray)

Formica (catalogazione incerta…) che trasporta cibo al nido: il superamento di un ostacolo (Foto: Franco Gray)

Nelle vicinanze dei nidi sin dai primi tepori che annunciano la fine della stagione fredda  si nota il frenetico andirivieni di questi piccoli Imenotteri che – trascinandosi appresso insetti, aghi di pino e altri residui vegetali – lavorano instancabilmente con una funzione che potremmo definire “spazzina” e “predatoria”.

Insetti morti? Bruchi defogliatori? Nelle foreste (ma anche nei giardini)  a “ripulire” il suolo e il sottobosco e a contenere il numero di fitofagi ci pensano – insieme alle altre forme di vita che contengono il numero dei consumatori primari e dei parassiti –  le formiche del gruppo  Formica rufa e le altre formiche carnivore.

Le specie (vedi Bibliografia) che – per comodità espositiva – sono spesso citate come Formica rufa sono:

  – Formica lugubris

  – Formica aquilonia

  – Formica polyctena

Le differenze tra le tre specie (vedi bibliografia) non sono rilevanti: le lugubris sembrano privilegiare i boschi di abete rosso e predano i bruchi che ne divorano gli aghi. Come le altre specie citate, queste formiche vivono in grandi nidi a cupola costruiti sui pendii rivolti a sud in boschi relativamente aperti e  costruiti in modo tale da mantenere stabile la temperatura interna. I nidi sono inoltre orientati per ricevere al meglio la luce del sole: sul lato ben esposto  la superficie è infatti maggiore e in primavera si può notare un gran numero di formiche operaie  ferme sul nido che, dopo essersi riscaldate, vi entreranno per rilasciare il loro calore. Le formiche descritte come Formica aquilonia mostrano colori meno vivaci rispetto alle altre due specie, ma per il resto si evidenziano comportamenti analoghi alla Formica lugubris e alla Formica polyctena. Queste formiche sono in grado di identificare i membri del loro nido e di distinguerli dagli altri per cui, in caso di intrusioni, possono rilasciare feromoni che lanciano segnali di allarme. In tutte le specie citate sono presenti formiche operaie sterili e una casta riproduttiva.

Le Rufa…

Come vivono: il nido

Acervo di formiche del gruppo Formica rufa

Formiche predatrici: un acervo di grandi dimensioni (Foto: Serena Lombardi)

La foto di Serena Lombardi è stata scattata  a   Campigna all’interno del Parco delle Foreste Casentinesi in provincia di  Forlì-Cesena. L’enorme formicaio viene dai discendenti delle formiche predaatrici provenienti dalle Prealpi e traslocati con successo  – tanti anni or sono – nelle foreste in cui occorreva combattere i bruchi e gli altri insetti defogliatori.  Il procedimento adottato è illustrato più avanti, al paragrafo  intitolato “I nuovi insediamenti”

Il cumulo che le formiche del gruppo Formica rufa formano sopra il livello del suolo è   costituito da un acervo di materiale vegetale composto in prevaleza di aghi di abete e di larice (Alpi)  o di pino (Appennini). In qualche caso il cumulo – a differenza degli insediamenti  nati da parecchi anni –  può mostrare dimensioni molto  modeste.  Le dimensioni e il materiale di costruzione però non contano in quanto  – quello che a prima vista può sembrare un ammasso informe di sostanze vegetali – grande o piccolo che sia è in realtà un complesso di gallerie e di celle che si  diramano nel terreno sottostante isolando le formiche dagli sbalzi termici e dalla pioggia.

Formica del gruppo Formica rufa con un brandello di muschio serrato nelle mandiole (Foto: Franco Gray)

Formica che trasporta un brandello di muschio verso il nido (Foto: Franco Gray)

Nel nido, la popolazione è composta da un gran numero di formiche operaie sterili e prive di ali, dalle regine e dai maschi. Questi ultimi però muoiono al termine della funzione riproduttiva per cui, in determinati periodi, possono essere assenti. Sotto gli acervi nelle gallerie sotterranee troviamo poi un buon numero di regine che – dopo essere state fecondate dai maschi durante il volo nuziale –  perdono le ali e iniziano a deporre le uova. Le operaie provvedono al vettovagliamento della colonia uscendo a cercare cibo, si prendono cura delle regine e delle larve, difendono il nido spruzzando di acido formico gli intrusi, lo accrescono ampliando le gallerie sotterranee e portando nuove sostanze vegetali sul cumulo. Le operaie forniscono cibo e assistenza sia alla regina e che alle covate sistemando le uova fino alla schiusa poi – siccome le larve non sono in grado di alimentarsi da sole –  le accudiscono nutrendole e portandole nelle  camere del nido più adatte al loro sviluppo.  Queste formano poi dei bozzoli di dimensioni variabili e lì si trasformano in ninfe: dai bozzoli di piccole dimensioni nasceranno le operaie; da quelli più grandi usciranno invece le future regine e i maschi che, durante il volo nuziale, le feconderanno.

Le regine fecondate talvolta tornano al nido, in altri casi danno origine a un nuovo insediamento: arrivate al suolo e trovato un anfratto sicuro, perderanno le ali e deporranno le prime uova. Ne usciranno le formiche operaie che – oltre a prestare le necessarie attenzioni alla regina –  inizieranno a scavare sotto il livello del suolo e porteranno al nido il materiale necessario alla costruzione del tipico cumulo che protegge le sottostanti gallerie.

Come proteggere i nidi 

Picchio verde sul tronco di una conifera

Picchio verde (Foto: Monikuccia Zanetti)

I nidi delle Rufa corrono qualche rischio, soprattutto quando le nuove regine – prive dell’aiuto delle operaie – sono costrette a sopravvivere consumando i muscoli che muovevano le ali e nutrendosi con una piccola parte delle loro stesse uova.  Chi avesse la fortuna di trovare un nuovo insediamento in un angolo del proprio giardino o nei boschi potrebbe proteggerlo dai naturali nemici: tra questi i picchi.  Grandi  “cacciatori” delle larve del legno, in inverno questi uccelli integrano la loro dieta con semi e bacche ma in primavera  possono facilmente cercare sostentamento rovistando nei nidi delle formiche: non è infatti  raro notare i picchi verdi posati al suolo mentre vanno in cerca di proteine animali. La loro dieta preferita pare sia a base di formiche e delle loro larve: in effetti la natura li ha dotati di una lunga lingua appiccicosa che – srotolata –  serve loro da esca. Ed è così che, mentre gli incauti insetti cercano invano di approfittare di quello che scambiano per un attraente boccone… finiscono nello stomaco del loro predatore.  In qualche caso i nidi vengono messi sottosopra dagli altri animali e si segnalano pure prelievi da parte degli umani che cercano larve per i loro acquari, o per gli uccelli oggetto di allevamento.

La protezione più semplice – ovviamente per i nidi di piccole dimensioni – consiste nella posa di una reticella che li ripari  dagli attacchi dei predatori. Nel caso (non tanto raro) che una regina scelga un luogo nel quale il nido  non potrebbe prosperare… sarà possibile rimuovere il piccolo insediamento e sistemarlo in un luogo sicuro, dentro una buca foderata di materiale legnoso e in un terreno ben drenato ed esposto al sole. In questo caso però – come si può leggere nella “storia” che segue  – conviene ricorrere a personale esperto. Individuare una corretta posizione e procedere nel migliore dei modi, in effetti, può essere fondamentale per una buona riuscita dell’operazione di trasferimento.

La diffusione dei nidi di Formica rufa…

Fotoelaborazione in basso – La vecchia ceppaia potrebbe ospitare una nuova colonia di formiche predatrici: in linea teorica le condizioni ambientali sembrano ottimali. In effetti  l’immagine mostra una abetaia asciutta è  ben esposta alla luce. Al centro si evidenzia un vecchio ceppo ormai marcescente: la sua presenza potrebbe rivelarsi molto utile in quanto il nuovo insediamento  di   formiche troverebbe radici ormai friabili che affondano nel suolo, per cui la costruzione delle camere e delle gallerie sotterranee sarebbe molto facilitata. In caso di colonizzazione, la vecchia ceppaia sarebbe presto ricoperta di aghi d’abete. Da lì le formiche compirebbero le lor scorribande alla ricerca di prede e di materiale da costruzione…  

Ambiente con abeti, latifoglie e vecchia ceppaia (Fotoelab. Franco Gray) lie ev

Una abetaia e una vecchia ceppaia in decomposizione: ambiente adatto a nuovi insediamenti di Formica rufa  (Fotoelaborazione: Franco Gray)

Storia di un salvataggio – I nidi di formiche predatrici sono un bene prezioso e protetto da specifiche leggi. Le sciamature possono però finire in luoghi dove proprio non potrebbero prosperare: parecchi anni fa mi capitò di trovare una piccola colonia  persino in una baita rimaste temporaneamente chiusa, proprio davanti alla porta d’accesso. Gli intraprendenti insetti sfruttavano il riparo naturale in modo ottimale: riparati dalle intemperie,  con molta diligenza scendevano  in profondità facendosi largo tra le pietre a secco  del basamento e accumulavano aghi di pino in superficie. Si era alla fine dell’estate e il nido  era di dimensioni assai modeste, ma con l’arrivo della primavera sarebbe cresciuto in modo esponenziale e il proprietario della baita non sarebbe riuscito ad entrarvi.  Le conseguenze per le laboriose formiche cacciatrici sono facilmente immaginabili: distruzione forzata mediante  i soliti insetticidi.  Per evitare pasticci, trafile burocratiche infinite e conflitti di tipo naturalistico sarebbe stato necessario rimuovere quell’insediamento  un po’ “abusivo” in maniera semplice e veloce, sistemandolo lontano dal fabbricato in un luogo sicuro. E così avvenne con i primi tepori della primavera… ora quello che fu un piccolo nido è cresciuto e prospera al riparo di una balma, in una radura assolata e circondata da larici.

la storia appena raccontata è vecchiotta, risale ai tempi in cui le attenzioni verso questi insetti erano ancora misconosciute e non deve certo ripetersi. Le soluzioni “fai da te” in effetti non vanno più praticate: ai giorni nostri troviamo facilmente esperti  disponibili ad agire in maniera professionale e senza rischi per gli insediamenti da rimuovere. 

Dalle Prealpi agli Appennini: storia dei nuovi insediamenti…

Processionare (Disegno di Gian Battista Bertelli)

Processionaria del pino: nido, adulti, larva- L’azione dei bruchi che divorano le foglie  può essere molto dannosa…  (Disegno di Gian Battista Bertelli)

Le formiche predatrici  nel contrasto alle Processionarie – Il testo citato in Bibliografia tratta di spostamenti e di “trapianti” di nidi di formiche predatrici operati  dal Corpo forestale dello Stato per contrastare i parassiti dei pini. Gli interventi analizzano i motivi dei successi e degli  insuccessi per cui…  una breve sintesi di quelle esperienze pare indispensabile.

I primi trapianti di formiche (Formica lugubris) risalgono agli anni Cinquanta del secolo scorso. In Lombardia i nidi prosperavano, ma erano assenti sugli Appennini, dove i boschi di conifere erano infestati dalle Processionarie del pino (Thaumetopoea pityocampa). Per combattere i parassiti si procedette in questo modo:

–  prelevamento dei nidi dalle Prealpi lombarde a circa 1300 metri sul livello del mare e  relativo trasporto fino all’Appennino ligure nella zona di Passo del Penice. I nidi furono sistemati in grandi barili della capacità di 100 litri riempiti con  materiale prelevato da nidi ricchi di formiche operaie, di larve  e di regine. L’operazione fu compiuta con personale appositamente addestrato;

– il materiale stivato nei bidoni fu rapidamente trasportato nella zona di destinazione e sistemato in buche scavate nel terreno. Il fondo delle buche era stato accuratamente predisposto sistemandovi dei tronchetti di legno. Tutto il contenuto dei barili prelevati  nelle Prealpi lombarde  finì nelle buche: vi furono dunque traslocate le formiche operaie, le regine, i bozzoli, gli eventuali maschi adulti e il materiale organico con cui il nido era stato costruito.

Quel primo esperimento non diede grandi risultati: in effetti le formiche prelevate dai boschi di abeti erano finite  in boschi di pino situati in condizioni ambientali ben  diverse  e già gravemente danneggiati. L’esperienza maturata portò tuttavia a procedere nel migliore dei modi e a creare nuovi e ben riusciti insediamenti. Si legge nel testo citato che:

… negli stessi luoghi abbiamo oggi popolazioni della stessa specie perfettamente adattate […] in condizioni di attività e di sviluppo del tutto paragonabili a quelle delle più fiorenti popolazioni alpine. Anzi vi si sono formati acervi di dimensioni colossali, molto più alti di quelli delle popolazioni delle Alpi: infatti alcuni nidi formatisi spontaneamente dalle popolazioni trapiantate sull’Appennino pavese e in Toscana hanno acervi di due metri di altezza, con una base di tre metri di diametro e una popolazione valutabile sicuramente in molti milioni di formiche operaie.

Le osservazioni raccolte  sulla presenza delle Processionarie  confermano una significativa riduzione nel corso degli anni successivi all’insediamento delle formiche: la loro azione  pare concentrarsi soprattutto nei confronti delle farfalle e sulle loro uova. L’azione predatoria si è dimostrata particolarmente efficace  attorno ai nidi (Fonte: bibliografia citata)

Per quanto riguarda la presenza della Processionaria del pino (Thaumetopoea pityocampa) e della sua  (talvolta enfatizzata) pericolosità il sottoscritto può solo rilevare che il noto parassita si annida anche in altre conifere (i nidi sono stati notati persino su alcuni esemplari di conifere da giardino). Nelle zone  collinari della Bassa Valsesia in cui sono stati trapiantati i Pini d’Austria i nidi non sono molto numerosi ma non si è notata la presenza delle formiche qui descritte: di conseguenza ogni valutazione in merito alla loro efficacia nel confronti delle processionarie delle mie colline sarebbe azzardata e per ora mi accontento di sottolineare e di propagandare  l’esperienza dei trapianti di nidi dalla Prealpi agli Appennini. Nel quadro della lotta biologica si può parlare di un grande successo forse quasi dimenticato.  

L’utilizzo degli antagonisti…

Sfinge del pino: bruco (Foto: Annamaria Portalupi)

Sphinx pinastri, la Sfinge del pino (Foto: Annamaria Portalupi)

Foto a lato – Bruco di Sphinx pinastri,  un lepidottero noto come Sfinge del pino. A contenerne il numero ci penseranno (tra l’altro) le fameliche formiche appena descritte.

 Lotta biologica: una alternativa ai prodotti chimici

Vi sono vari metodi per contrastare gli organismi che distruggono foglie gemme e fiori: la “Lotta biologica” si serve dei loro antagonisti…

Nella lotta biologica per tenere a bada le specie che – quando sono presenti  in numero eccessivo – (bruchi, ad esempio) defogliano le piante  non si usano antiparassitari  chimici, ma  i naturali nemici dei fitofagi…

 

Foto i basso:  un bosco montano alla ripresa primaverile, con conifere latifoglie. Gli alberi sono in piena salute, ma tra i loro rami è tutto un brulicare di diverse forme di vita e – tra queste – certo non mancano gli organismi che, se troppo numerosi, potrebbero danneggiarlo. Al loro contenimento pensano gli antagonisti…  basta lasciar fare alla natura.

Bosco misto, primavera

Primavera – Bosco misto con conifere e latifoglie (Foto: Franco Gray)

Franco Gray (all’anagrafe: Franco  Bertola)

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Bibliografia e notizie  complementari

Mario Pavan, Utilità delle formiche del gruppo Formica rufaRegione Lombardia, marzo 1980

Mario  Pavan  (nato a Vado Ligure nel 1918, + a Pavia nel 2003) è stato accademico  con specializzazioni in entomologia. Fu anche un abile speleologo. Ministro dell’Ambiente nel 1987, già negli anni Cinquanta del  Novecento collaborò con il Corpo Forestale dello Stato per lo studio della Lotta biologica:  le sue esperienze sono sintetizzate in questo articolo.

Foto di  Serena Lombardi, Annmaria Portalupi, Monikuccia Zaninetti – Testo e altre foto: Franco Gray – La pubblicazione dell’illustrazione del (fu) Gian Battista Bertelli è stata autorizzata dal figlio Aldo. 

 Il prossimo articolo sulle formiche predatrici tratterà della loro presenza tra i monti della Valsesia. Allo scopo si sta raccogliendo materiale sulla dislocazione dei nidi: le segnalazioni saranno molto utili, grazie in anticipo per la collaborazione.

Mail to <storieinaturali@gmail.com>

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