Edera e alberi: un abbraccio da scoprire – L’edera porta fronde fertili che fioriscono in ottobre: in un periodo in cui polline e nettare scarseggiano, i suoi fiori sono invasi dalle api e forniscono alimento a parecchi altri insetti. I frutti che maturano in inverno sono provvidenziali per gli uccelli, le fronde sempreverdi offrono rifugio agli animali. Senza dubbio, l’edera svolge una importante funzione ecologica eppure – poiché abbraccia gli alberi – la sua crescita è spesso contrastata. Giusto? Sbagliato?
Il quesito sulla gestione dell’edera che abbraccia gli alberi viene da Valido Capodarca. L’autore di numerosi libri sugli alberi monumentali della Penisola verso la fine di ottobre dell’anno 2019 chiese – postato su Facebook – un parere sulla gestione dell’edera. I suoi scritti suscitano sempre parecchio interesse: anche in quell’occasione si aprirono diverse discussioni che sfociarono in differenti punti di vista. Niente di strano: l’esperienza personale in materia porta a proporre la soluzione che si ritiene migliore. Io parteggiai per l’edera lasciata allo stato selvatico, ma mi riferivo ai boschi e devo riconoscere la validità e l’utilità di altri pareri, soprattutto quando si parla di spazi urbani aperti al pubblico, o di alberi monumentali…
Foto in alto: edera avvinghiata – Siamo alla fine di gennaio e sulla grande quercia le bacche scure delle fronde fertili sono già mature: guardando attentamente la foto a lato si scorge uno svolazzare di uccelli che – per superare l’inverno, si stanno nutrendo di quella provvidenziale riserva di cibo. Sono i colombacci: si muovono in piccoli gruppi e, al primo apparire di un possibile predatore, lasceranno la sommità dell’albero per spostarsi in punti meno esposti agli attacchi dei rapaci…
Fotocomposizione in alto – A sinistra, un Colombaccio (colombo selvatico, Columba palumbus) guardingo tra le fronde di edera cariche di bacche mature. A destra un colombaccio che approfitta dei frutti dell’edera: siamo a gennaio in un grande bosco planiziale e le bacche saranno consumate per tutto l’inverno da altre specie di uccelli. A marzo cadranno da sole e, nel frattempo, gli animali potranno approfittare di questa provvidenziale riserva di cibo.
Foto a lato: le bacche mature dell’edera. Gli uccelli che più le gradiscono, oltre ai già noti colombi, sono i merli e le capinere; questo stando alle mie personali osservazioni.
Dal punto di vista ambientale, la presenza di fiori e di bacche è di grande aiuto non solo per le specie suddette, ma per tutto l’ecosistema dei boschi. I fiori di ottobre attirano gli insetti e forniscono alimento prima dei rigori dell’inverno. Stagione in cui, come si leggerà più avanti, le foglie di edera sono molto appetite da alcuni erbivori.
Dai fiori ai frutti: l’edera nelle catene alimentari- In natura, gli animali sfruttano le proprietà dell’edera a scopi alimentari e curativi. Quando i rami dei grandi alberi schiantano al suolo le foglie di edera che li ricoprono diventano una leccornia per i caprioli: soprattutto in inverno e agli inizi di primavera le ripuliscono spesso in una sola notte. Le pecore che devono partorire compiono veri e propri esercizi di allungamento appoggiandosi ai tronchi e stirandosi fino all’inverosimile per raggiungere le fronde sempreverdi che, grazie alle radici avventizie, si abbarbicano saldamente ai tronchi degli alberi: all’erba preferiscono esse pure le foglie dell’ edera e le cercano con avidità, credo a scopo curativo. Tutte le parti della pianta, in effetti, contengono la cosiddetta “ederina”, una sostanza che – velenosa se usata in maniera non appropriata – viene impiegata anche in fitoterapia e in cosmesi.
Foto in alto– Capriolo. Sul finire dell’inverno i caprioli cercano le foglie di edera. Una volta abbattei – anche per ragioni di sicurezza – un lungo e vecchio albero morto stracarico di fronde e lo lasciai al suolo per rimuoverlo nei giorni seguenti. In breve tempo lo trovai completamente spoglio: i caprioli avevano brucato tra i rametti di edera ripulendoli dalle foglie fino alle radici avventizie. Ben celate a poca distanza erano visibili le chiazze di terreno ripulito in cui avevano dormito. Tra i rami caduti al suolo c’erano – altro segnale inequivocabile della loro presenza – i ciuffi di pelo che stavano perdendo poiché l’inverno era ormai al termine…
La pianta
L’edera mostra una particolarità interessante: nei primi anni di vita produce radici avventizie per abbarbicarsi ai supporti e mostra foglie ben diverse da quelle che compariranno con l’emissione delle fronde fertili. Dopo qualche anno, in condizioni favorevoli l’edera muta l’aspetto delle foglie di alcune fronde e queste – verso ottobre – si caricano di fiori cui seguiranno i frutti. Sulle ali della fantasia la creatività popolare definisce talvolta la parte sterile come “maschile” e associa le fronde fertili alla femminilità. Dal punto di vista strettamente scientifico tale associazione di idee è certamente errata, ma sul fronte della poesia e della narrativa pare carica di suggestioni.
In alto – La fotocomposizione in alto vuole evidenziare i diversi aspetti presenti su una stessa pianta di edera. A sinistra: siamo in ottobre e le fronde fertili sono in fiore; la fioritura è appena iniziata e sulle infiorescenze a ombrella appaiono i primi visitatori. Al centro un’ape mellifica: tra le zampe dell’insetto sono visibili gli stami, con i filamenti sormontati dalle antere cariche di polline. A destra una giovane fronda sterile: le sue foglie trilobate si differenziano da quelle (ovali) delle fronde fertili.
Foto a destra – Ape in volo verso una ombrella di edera. Nell’infiorescenza si notano i fiori già aperti e i boccioli che si schiuderanno in seguito. Gli organi riproduttivi sono ben visibili: tra gli stami si notano gli ovari che, fecondati, produrranno le bacche. L’ape in volo porta, attaccato alle zampe posteriori, il polline raccolto in altre piante fiorite. Mentre completerà il carico disperderà parte del polline di cui si è sporcata durante le precedenti operazioni di raccolta: in questo modo favorirà la fecondazione incrociata e il conseguente rimescolamento genetico. Alla sfioritura si formeranno le bacche: inizialmente di color verdastro, matureranno con la metà di gennaio, quando assumeranno la tipica colorazione bluastra visibile nelle foto precedenti: diventeranno cibo per vari animali e daranno origine a nuove piante (v. nota 1).
Tra i fiori
Ottobre: insetti tra le ombrelle in fiore dell’edera…
La foto in alto illustra il concetto ecologico noto come “commensalismo”: su una stessa ombrella sono infatti presenti senza mostrare situazioni conflittuali vari insetti. Si notano due ditteri (una mosca a sinistra, un sirfide a destra in alto). Al centro troviamo un calabrone (Vespa crabro); in genere i calabroni si aggirano tra i fiori alla ricerca di prede vive, in questo caso il soggetto in questione pare però indaffarato a procurarsi fonti di sostentamento di carattere vegetale. In basso si intravede un coleottero: sta divorando gli organi riproduttivi del fiore.
Nella foto a destra una formica fortemente ingrandita. L’insetto si appoggia sugli organi che daranno le bacche e si destreggia tra gli stami e le antere per raccogliere nettare, polline e secreti.
Le due foto vogliono evidenziare l’importanza dell’edera negli ambienti naturali. Siamo in ottobre, in zona Prealpi a circa 350 metri sul livello del mare e, mentre le altre fioriture già scarseggiano, l’edera fiorisce tra i rami degli alberi e sui muri in cui si è abbarbicata. In questa stagione i suoi fiori forniscono alimenti non solo alle api mellifere che vi accorrono a frotte, ma anche alla miriade di insetti che si avvicendano tra le sue fronde. Indaffarati nella raccolta di sostanze nutritive, i solerti raccoglitori in genere si lasciano osservare senza problemi…
Tra le fronde: protezione e predazione…
Foto in alto – A sinistra: un minuscolo ragno con il proprio ovisacco ben mimetizzato e al sicuro tra i boccioli fioriferi dell’edera. Secondo le informazioni fornite da Lugi Lenzini, il ragnetto vive da parassita “scroccone” dentro le ragnatele di altri ragni e il suo ovisacco somiglia (casualmente?) a un ovario di edera non fecondato. A destra, ragno appostato tra i fiori: siamo in presenza di un esemplare di Pistius truncatus, Fam. Tomisidae.
L’edera e il bosco
La gestione delle aree boscate vede possibilità che spaziano tra la soluzione “wilderness” e la selvicoltura. In attesa di tornare sull’argomento, in questo articolo mi soffermo solamente su alcuni dei rapporti che intercorrono tra l’edera, le piante, i boschi in cui prospera e il resto dell’ambiente…
Ritorniamo all’edera che si abbarbica agli alberi: che fare?
Torniamo alla questione iniziale: edera sì, edera no. Il dibattito che emerge sulla gestione dell’edera oscilla tra le soluzioni di stampo naturalistico e le esigenze di quanti coltivano alberi da reddito o si devono prendere cura di grandi alberi monumentali. Riducendo tutto all’essenziale: c’è chi la vede di buon occhio e chi – al contrario – deve necessariamente provvedere alla sua eradicazione, anche per per ragioni economiche. In effetti l’edera ostacola i processi di fotosintesi e sulle piante da frutto… non è la benvenuta. Detto in breve, scordarsi delle sue funzioni nell’ambiente allo stato naturale, impedirne lo sviluppo nei boschi solo per ottenere una crescita più rapida degli alberi da utilizzare a mio parere reca danno a tutto l’ecosistema-bosco. Affermo questo perché ho potuto osservare soluzioni interessanti e funzionali, soprattutto in grandi aree a ridosso di alcune città dell’Europa Centrale dove – e sembra un miracolo – sono presenti e contigue aree che potremmo definire “selvagge”, coltivazioni di alberi da frutto, piste ciclabili, sentieri e grandi alberi ricoperti delle fronde di edera. Qua e là spiccano grandi tronchi: alcuni sono lasciati in loco, altri giacciono al suolo a decomporsi per fornire humus e tane per i selvatici, siano essi autoctoni o alloctoni. Un discorso – quello di questi luoghi felici – che illustrerò più avanti e che probabilmente richiederà più di un articolo.
Cinciallegra tra le radici avventizie dell’edera che la ancorano saldamente al tronco di un albero di medie dimensioni. Riguardo alla cincia, c’è da osservare che stava cercando le uova che alcuni insetti avevano deposto tra le fronde (Foto: Franco Gray)
L’edera, usanze e credenze
Una credenza abbastanza diffusa voleva che, nella casa in cui fosse lasciata crescere l’edera sui muri… le culle sarebbero rimaste vuote: evidentemente la fantasia popolare associava i vecchi edifici decrepiti con la fine della discendenza. In questo caso i concetti di causa e di effetto erano stravolti: l’edera cresce quando gli edifici rimangono privi di manutenzione e – sebbene si dice fosse usata come abortivo – con la sterilità ha ben poco da spartire. Un’altra usanza la vedeva però felice protagonista nei matrimoni di un tempo, soprattutto in alcuni remoti borghi di campagna. In mancanza di fiori e in nome del risparmio si usava decorare l’atrio della sposa con fasci di edera raccolta a costo zero nei boschi. Si diceva che la pianta avrebbe portato a unioni fedeli e durature. In tutto ciò si intuisce un’unica certezza: il risparmio sugli addobbi e… in merito alla fedeltà delle coppie di un tempo indaga tuttora la sociologia. Dai matrimoni alla tomba: molte corone funerarie erano intrecciate con fasci di edera, e in qualche caso lo sono ancora…
Note 1 – Secondo alcuni autori i semi di edera che passano indenni nell’intestino degli animali germinano meglio – (Ricordi, notizia senza fonte documentabile)
Bibliografia
Sandro Pignatti, Flora d’Italia, Edagricole – Vol II pag. 108
Franco Gray (All’anagrafe: Franco Bertola)
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