Foto in alto – Agosto a Scopetta, sotto il Ponte dei Dinelli: un luogo d’incontro, di sport d’acqua e di interesse naturalistico.
Foto sotto – La pista ciclabile. Attraversato il ponte di Scopetta, il tracciato svolta a sinistra e prosegue verso Balmuccia.
Siamo nel Comune di Scopa in Frazione Scopetta. La zona presa in esame gravita intorno ad uno dei tanti “Ponti di Otra” che caratterizzano la Valsesia. La località è nota per i suoi aspetti geologici, è punto d’imbarco per canoe e rafting, è attraversata da una pista ciclabile.
In questo articolo: note e appunti sugli aspetti più significativi del tratto di pista ciclabile che, dal ponte dei Dinelli, costeggia la sponda destra della Sesia…
Foto a lato – una comune lucertola muraiola che, sul parapetto del ponte, si affaccia dalla sua tana. Sotto la costruzione la Sesia scorre tranquilla, ma l’acqua si prepara a tumultuare tra le gole dei Dinelli.
La sponda destra
Superato il ponte, mentre uno stretto sentiero si inerpica verso la località Casoni di Otra, la pista ciclabile sfiora alcuni vetusti abeti provati dal tempo e svolta a sinistra. Più avanti, tra le Gole dei Dinelli, le rive della Sesia sono difficilmente raggiungibili e le sponde scavate dalla forza dell’acqua si possono ammirare solo dal ciglio dei burroni.
Le gole
Tra le gole la Sesia continua a modellare il suo letto. Tutto intorno – tra le pareti a tratti verticali e i burroni – riecheggiano i contrasti tra la tranquillità del bosco e il furore dell’acqua che saltella e schiuma più in basso. Durante la bella stagione – e quando il fiume non è in piena – si può osservare chi pratica sport d’acqua. Il tratto è particolarmente difficile e – a detta degli stessi organizzatori – va frequentato solo da esperti.
Foto a lato – Il fascino delle gole al calar della sera quando, ad ottobre, le foglie cominciano a cambiare il loro colore.
Tra il fiume e gli alberi
La pista si snoda tra il fiume e i boschi. Tra gli alberi d’alto fusto troviamo qualche conifera, castagni, tigli e parecchi faggi. Nelle faggete e sotto gli alberi più vetusti il sottobosco è abbastanza povero di erbe e di arbusti ma ai bordi del tracciato – insieme ai muschi e alle felci – crescono le giovani piante nate dai semi portati dal vento, dagli animali e dai ruscellamenti dell’acqua piovana che, scorrendo sulle rocce, sulla pista rallenta la sua corsa e li deposita insieme al terriccio e alle foglie secche.
Foto in alto – A sinistra: faggiole ormai mature, siamo a settembre e cadono al suolo. A destra – Primavera: piantine di faggio. Le faggiole cadute a settembre sono germogliate nella terra fertile generata dalla decomposizione delle foglie. Pur restando sulla pista senza addentraci nel bosco o scendere verso il fiume, gli scorci panoramici e le occasioni per le osservazioni naturalistiche non mancano.
Foto sotto – Sguardo a ritroso: un tratto della pista che costeggia le Gole.
Fiori e insetti
A partire dalla primavera spiccano le fioriture delle piante che hanno colonizzato la terra smossa dai lavori di costruzione e di sistemazione della pista. Tra queste i cardi spinosi e altre specie i cui semi – sulle ali del vento – arrivano dove c’è spazio libero. Qua e là sin da marzo si notano le rosette basali di piante pronte ad emettere gli steli fioriferi: con i primi tepori riprenderanno vigore e fioriranno. Dove ci saranno i fiori troveremo gli insetti e i loro predatori
Tra le rocce umide e le sponde dei ruscelli potremo osservare licheni e muschi, sui vecchi ceppi in decomposizione le felci e l’acetosella. Lasciata la pista, in qualche radura crescono i mirtilli e – sfuggiti alla rapacità dei raccoglitori – a maggio si possono trovare persino i mughetti e i narcisi.
Piante pioniere
La capacità di colonizzazione dei saliconi e delle betulle, delle ginestre, dei rovi e delle erbe che sfruttano il vento per disperdere i loro semi sono note: si insediano velocemente nei terreni abbandonati e in quelli manomessi. Le piante pioniere cercano spazio vitale accanto ai grandi alberi che costeggiano il tracciato: oltre alle piante da sempre presenti in zona troviamo le specie alloctone, ovvero quelle venute da lontano. Queste ultime per la loro provenienza e per la loro presunta “invadenza” meritano qualche riflessione: per ora basterà far rilevare la presenza della Reynutria japonica, degli arbusti del genere Buddleja e delle More del Giappone. Piante che, prive di nemici naturali e arrivate in un ambiente a loro favorevole, possono esprimere tutta la loro vitalità e che – per tale ragione – sono spesso considerate “da eradicare”. Un giudizio frettoloso: di conseguenza – alle sommarie presentazioni di questo articolo – seguiranno altre osservazioni.
Reynutria japonica – La Reynutria è una pianta piuttosto malvista perché si moltiplica con facilità. I suoi detrattori ne giudicano negativamente la presenza in quanto – nei coltivi – diventa difficile da eradicare. Alcuni sostengono inoltre che favorisce la diffusione della famigerata Popillia japonica, il coleottero che – pur divorando di tutto – predilige le foglie delle specie alloctone, come la vite vergine e la citata pianta che ricorda il nome del Sol Levante. La presenza della Reynutria pare sia dovuta al passaggio di truppe straniere ma… si parla di un tempo indefinito, di soldati e di foraggi destinati ai loro cavalli. Leggenda con fondo di verità? Il fatto certo è che le capre e le mucche se ne cibano avidamente e che a settembre – quando le fioriture delle altre essenze sono ormai scarse – le api ne frequentano assiduamente i fiori.
Rubus phoeniculatus, o mora del Giappone – La cosiddetta “mora giapponese” è presente in vari tratti della pista, ma per ora non raggiunge le dimensioni e la vitalità che ho notato in altri siti: in effetti ai Dinelli gli esemplari rinvenuti sembrano arrivati da poco. La pianta è simile al rovo e ha un portamento strisciante ma le sue deboli spine somigliano a peli e non provocano i dolori e le lacerazioni dei rovi nostrani. In alcune parti del mondo è catalogata tra le specie invasive in quanto radica facilmente e si diffonde con una certa rapidità. A detta dei suoi detrattori questo arbusto soffoca la vegetazione autoctona, ma lungo la pista per ora sembra che stia avvenendo l’esatto contrario. Aggiungo (a titolo personale) che la persecuzione nei suoi confronti (a queste altitudini e in questo ambiente) mi pare del tutto ingiustificata: il citato Rubus infatti aiuta a evitare i dilavamenti dovuti alle piogge e – fatto non trascurabile – potrebbe produrre presto gli stessi ottimi frutti che ho potuto assaggiare alle pendici del Monte Fenera…
La pianta delle farfalle – La Buddleja davidii, meglio nota come “pianta delle farfalle” è presente per lunghi tratti della pista. Pianta dal profumo delicato… fonte di nutrimento per le farfalle e di nettare che – con il lavoro delle api – diventerà miele.
Foto in alto – A sinistra la Vanessa io (o Inachis io: un sinonimo per definire la stessa specie). Al centro: ultimi fiori di Buddleja sui rametti carichi di semi. A destra: Gonopterix rhamni.
Autunno
Dopo le gole, la Sesia calma la sua corsa. Seguendo la pista per proseguire verso il ponte che – ormai nei pressi di Balmuccia – attraversa il fiume troviamo una interruzione: durante la disastrosa alluvione della notte tra il due e il tre ottobre 2020 un torrente distrusse quello che era un agevole guado. Poco più avanti la pista passa ai bordi di un prato magro con alcune betulle e qualche arbusto e verso la Sesia crescono dei maestosi tigli. Il grande spiazzo erboso è utilizzato saltuariamente come pascolo: ai margini della radura si notano alcune baite e una cappella in buono stato di conservazione, ma sul versante del monte, nella faggeta, rimangono le testimonianze degli interventi umani del passato: ruderi, sentieri, terrazzamenti e interventi sul bosco che, per i pionieri della riscoperta, diventano attrattiva…
Sin dal finire dell’estate attorno alla pista, tra gli alberi e sui loro tronchi morti compaiono moltissimi funghi. Tra questi, non solo i “funghi buoni”, ma anche quelli che – insieme agli altri organismi decompositori – provvederanno a trasformare le foglie che cadono in nuovo terreno fertile.
Foto a lato – Un ramo marcescente e le foglie morte forniscono sostanze nutritive ai funghi saprofiti.
Con il freddo dell’inverno la pista dei Dinelli sarà coperta di neve e sulle rocce si formeranno lunghi candelotti di ghiaccio: lungo le sponde della Sesia il gelo diventerà artista.
Franco Gray (All’anagrafe: Franco Bertola)
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