Fotocomposizione con api (Foto: Franco Gray)

Api al lavoro (Fotocomp. Franco Gray)

La fotocomposizione in alto introduce alla vita delle api (Apis mellifera L.)e al loro lavoro di raccoglitrici e impollinatrici.  A sinistra: siamo in primavera e l’ape operaia sta bottinando sui fiori della robinia: tornerà all’alveare carica di nettare che sarà trasformato in miele profumato e di colore chiaro. Al centro: siamo in estate e l’ape cerca acqua tra il muschio umido di una fontana. A destra un’ape si dirige verso l’edera in fiore: si va ormai verso l’autunno, le fioriture scarseggiano e sulle zampe dell’insetto le cestelle sono cariche di polline destinato all’alimentazione della covata. Con l’arrivo del freddo le api resteranno nei loro ripari: passeranno l’inverno consumando le scorte accumulate o – nel caso degli alveari domestici – nutrendosi del poco miele rimasto nelle arnie e delle sostanze zuccherine fornite dagli apicultori…  

Api domestiche e api selvatiche 

Questo articolo vuole porre l’attenzione sul quelle colonie di api che, lasciate le arnie, si sono adattate alla vita selvatica. Da anni ormai le api domestiche necessitano di cure contro i parassiti, in particolare contro la Varroa (Varroa destructor), un acaro arrivato da lontano. Oltre alla Varroa, gli apicultori devono fare i conti con le altre avversità che danneggiano gli alveari e senza i loro interventi… le api domestiche produrrebbero ben poco miele o farebbero una brutta fine…

Il link fornisce ragguagli in merito al parassita noto come Varroa destructor  e al suo ciclo vitale <https://it.wikipedia.org/wiki/Varroa_destructor>  

Camola del miele in un alveare domestico (Foto: Sergio Bressan)

Camola del miele in un alveare domestico: siamo in presenza delle larve della Galleria mellonella (Foto: Sergio Bressan)

 Con l’arrivo delle Varroa è stato necessario modificare l’assetto stesso delle arnie: il fondo delle casse è stato infatti sostituito da una reticella sotto la quale un recipiente contenente un liquido oleoso dovrebbe invischiare gli ospiti indesiderati. Un altro pericolo per le arnie domestiche viene da una farfalla nota come “Camola del miele“, si tratta della nota Galleria mellonella che – quando la colonia è debole – riesce a penetrare nelle arnie e vi deposita le proprie uova: da queste nascono bruchi capaci di devastare le celle cerose piene di miele. L’elenco dei “nemici delle api” potrebbe continuare a lungo: senza le cure dell’apicultore le colonie domestiche sarebbero condannate a una triste fine.

Alla luce di quanto premesso è arrivato il momento di parlare delle rare colonie di api mellifere che vivono allo stato selvatico… 

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In campagna: le api rinselvatichite

Api rinselvatichite (Foto: Luigi Lenzini)

Un favo costruito all’aperto (Foto: Luigi Lenzini)

Tra i boschi e gli insediamenti umani possiamo imbatterci in colonie di api che hanno lasciato le arnie e si sono insediate in ricoveri di fortuna: cavità naturali e nicchie dei muri sono diventate  la loro nuova dimora. A volte queste colonie non sopravvivono al freddo dell’inverno e alla mancanza di cure ma, in altri rari casi,  possiamo invece incontrare insediamenti  che, presenti da anni nelle stesse cavità, già ai primi di febbraio escono dal nido e riprendono a bottinare. Il loro andirivieni è il segno evidente che hanno passano l’inverno senza problemi: siamo dunque in presenza di api rinselvatichite che sono tornate a vita autonoma con successo. 

Api rinselvatichite in volo verso il nido (Foto: Franco Gray)

Api domestiche  rinselvatichite (Foto: Franco Gray)

Foto a lato: Api (Apis mellifera) cariche di polline in volo verso il nido: vivono allo stato selvatico all’interno di un vecchio ciliegio. In primavera spesse volte le api domestiche approfittando della distrazione degli apicultori sciamano verso nuovi territori: lo fanno riempiendosi di miele al seguito di una regina. Le possiamo trovare in grandi sciami che si posano ovunque, spesso creando allarmismi. In questo caso in genere  interviene un apicultore esperto che, raccolto lo sciame mediante l’attrezzatura idonea, lo porta nel proprio alveare. In qualche altro caso però  le api riescono a trovare un luogo adatto in cui costruire i favi e fondare una nuova colonia, per cui da “domestiche” diventano “selvatiche” o – se si preferisce – rinselvatichiscono. La nuova dimora, come già evidenziato,  può essere un vecchio albero cavo, un riparo sotto roccia, un angolo di casolare  o l’interno di una muraglia. Non più curata dall’apicultore, la colonia deve cavarsela da sola e superare tutte le avversità ambientali che la nuova situazione comporta. In qualche caso ci riesce…

Le api rinselvatichite sono ormai una rarità. La loro presenza significa che – portatrici di un patrimonio genetico prezioso –  hanno sviluppato “qualcosa” che consente loro di sopravvivere  in piena autosufficienza sia ai parassiti che ai fattori limitanti dovuti alle avversità atmosferiche. Siamo quindi di fronte a un fatto rassicurante che sta a testimoniare come la natura stessa abbia saputo creare ceppi di Apis mellifera che meritano attenzione e protezione…

Una storia di ordinaria resilienza: le api del vecchio muro   Una vecchia costruzione ormai abbandonata, una crepa nei muri e, all’interno di quella che un tempo era una casa di abitazione, una colonia di api (Apis mellifera) che si faceva i fatti suoi. L’ho osservata per anni: la storia di quella colonia dovrebbe servire a far intuire che in natura si verificano adattamenti sui quali sarebbe bene non interferire…   

 Nelle arnie domestiche, la Varroa creava seri problemi e, mentre gli apicultori ricorrevano a vari interventi per contenerne i danni, le api allo stato selvatico che – ormai da anni –  si erano insediate nella cavità del vecchio muro prosperavano senza problemi.  Ai primi di febbraio, con la fioritura del nocciolo, già si notava l’andirivieni delle operaie che rientravano con le zampette cariche di polline: scaricato il bottino, sfidavano il freddo e tornavano nel sole a cercare i primi fiori.  Con il naso all’insù mi chiedevo come se la fossero cavata e la risposta era una sola: evidentemente quella colonia aveva sviluppato risorse “naturali” basate su un processo di adattamento alla vita selvatica e ai parassiti. A maggio a volte l’andirivieni si faceva frenetico: era del tutto evidente che, in quella postazione,  era nata una nuova regina che si preparava a sciamare verso nuovi siti per fondare altre colonie…

Api tra le pietre e le piante di un vecchio muro (Fotoc. Franco Gray)

Api (Fotocomp: Franco Gray)

Quando il sentiero adiacente il vecchio muro – un tempo poco frequentato –  divenne meta di passeggiate le cose cambiarono. Qualcuno, notando l’andirivieni di api indaffarate, ne decretò la fine: avrebbero potuto pungere qualche indifeso passante. I regolatori della natura sono sempre molto attivi e i loro allarmi non lasciano indifferenti però… per rimuovere quella “pericolosa” colonia,  fortunatamente non si fece ricorso ai noti spruzzi di veleno,  ma a un apicultore. Questi, dopo aver piazzato una piccola arnia portatile, si appropriò di gran parte dello sciame e se lo portò nel proprio alveare, certo di poterne ricavare regine resistenti alle malattie. Ad operazione ultimata, la cavità fu chiusa perché mai più potessero insediarsi insetti ronzanti allo stato  libero. Le cose però non andarono secondo le previsioni: il nido tornò ad animarsi. Non so come tutto ciò sia successo: probabilmente nel vecchio muro la regina continuò a fare il suo lavoro e le operaie riconquistarono la libertà rimuovendo l’otturazione. Ma può anche darsi che – dopo quell’intervento – un altro sciame vagante abbia trovato alloggio nella cavità. 

La storia e le osservazioni qui riportate sono riferite alla realtà delle zona collinare dell’Alto Piemonte – La narrazione vuole suscitare un momento di riflessione sulla pretesa del genere umano di regolare il mondo della natura: per quanto ci si dia da fare,  la lunga storia dell’evoluzione continua. C’è da sperare che le api (Apis mellifera) rinselvatichite riescano a fondare nuove colonie resistenti ai parassiti: vivranno producendo le scorte di miele che consentiranno loro di passare l’inverno e impollinando piante in fiore. In questo modo anche gli esseri umani beneficeranno di “qualcosa” di prezioso in più, senza costi aggiuntivi…

Prato, arnie con melari. Siamo in piena produzione (Foto: Franco Gray)

Arnie in piena produzione (Foto: Franco Gray)

  Foto in alto – Alto Piemonte, zona pedemontana. Siamo in un prato ricco di fiori: sulle arnie domestiche son ben visibili i melari in cui le solerti api operaie accumulano quanto raccolgono e lo trasformano in miele. Nella zona le prime massicce produzioni avvengono bottinando tra i fiori della robinia, poi le api continueranno a raccogliere alimenti  tra i fiori del tiglio e del castagno. In seguito il loro lavoro continuerà tra i prati, le siepi e i giardini. Verso agosto, l’apicultore toglierà il miele accumulato nei melari, ma la regina continuerà a deporre le uova che assicureranno la continuità della colonia e le operaie voleranno ancora alla ricerca di cibo. 

Agosto – La foto in basso mostra un’ape che raccoglie nettare tra i fiori della Reynutria japonica, una pianta spesso giudicata “invadente” e “inutile” che – alla fine di agosto, quando le fioriture scarseggiano – è frequentata da miriadi di api alla ricerca di sostanze nutritive. Un discorso – quello delle piante alloctone – che merita di essere approfondito…

Ape su Reynutria japonica

Fine agosto – Ape su Reynutria japonica, una pianta alloctona (Foto: Franco Gray)

 Primavera – La foto che segue mostra un’ape operaia con le cestelle  cariche di polline che, a marzo, già si aggira tra i primi fiori che colorano i giardini. Segno evidente che nell’alveare sono  presenti le nuove covate…

Ape in volo con le cestelle cariche di polline - Marzo, giardini (Foto: Annmaria Portalupi)

Primi fioriture nei giardini: ape in volo carica di polline (Foto: Annamaria Portalupi)

Note – Le sciamature a volte avvengono per i motivi più disparati: non ultimo quello di lasciare una colonia debole perché parassitata o danneggiata dagli eventi atmosferici e dagli animali.  In questo caso si possono notare piccoli nuclei di api mellifere che – soprattutto nel corso dell’estate o in autunno –  vagano alla ricerca di una nuova sistemazione. Gli apicultori guardano a questo fenomeno con una certa preoccupazione in quanto temono che  si tratti di una colonia portatrice di malattie. La verità – come già accennato – arriverà con la primavera: le colonie deboli, in effetti, difficilmente riescono a superare i rigori dell’inverno… 

Pare opportuno aggiungere – in appendice –  alcune osservazioni di Luciano Montagner in merito alle sciamature.

Scrive Luciano:

[…] Purtroppo le api rinselvatichite non sempre hanno successo perché spesso scelgono posti inadeguati per la collocazione del nido. L’apicultore attento sa che il primo glomere dopo la sciamatura si intrattiene sul posto solo per il tempo strettamente necessario alle api esploratrici per trovare una sistemazione definitiva ed è appunto in questa fase che il recupero dello sciame ha più possibilità di successo. La sciamatura non è un fatto eccezionale ma il normale ampliamento della colonia che, quando vede gli spazi restringersi,  si divide in due ed una parte della colonia sciama con la regina vecchia mentre l’altra metà rimarrà a continuare il presidio dell’arnia con una regina nuova […]

Prima di aprire un nuovo capitolo sul tema devo confessare che vorrei veder tornare le api da miele in quei boschi degradati dagli incendi dove si trovano grandi alberi desolatamente vuoti per cui… sarebbe interessante mettere in atto delle strategie di ripopolamento. Si tratta spesso di località lontane, non raggiungibili dai mezzi agricoli.  Come fare?  

Idee in merito saranno divulgate in nuove pubblicazioni. Sarebbe inoltre utile – a mio parere – illustrare la vita delle arnie domestiche: è vero che si possono consultare ottimi manuali, ma le voci dell’esperienza (successi, insuccessi, tecniche personali etc.) potrebbero integrarli.

 

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Api e bombi: una vita tra i fiori…

Bombi e api - Ai lati due specie di bombi, al centro trofallassi tra api (Foto: franco Gray)

Bombi e api – Ai lati due specie di bombi, al centro trofallassi tra api (Foto: Franco Gray)

Fotocomposizione in altoA sinistra un bombo (Bombus pascuorum)  intento a bottinare tra i  fiori del Topinambur. Al centro un momento del passaggio di sostanze nutritive tra due api operaie nel calice del Vilucchio in cui hanno raccolto del nettare, o qualche goccia di rugiada. A destra un Bombo di terra intento a bottinare su una Bardana.

Impollinazione e impollinatori

Non solo api mellifere – L’impollinazione  – per restare nel tema che riguarda gli insetti dell’ordine degli Imenotteri – è operata anche da specie ancora poco conosciute e sulle quali il discorso rimane  aperto. Tra queste – oltre ai Bombi – occorre citare almeno le piccole “api solitarie” del genere Osmia che, silenziose e spesso inosservate, riescono a trasportare il polline anche tra gli organi riproduttivi meno accessibili dei fiori selvatici e delle piante coltivate…

Vai a   Impollinazione

Franco Gray (All’anagrafe: Franco Bertola)

 

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 Altri articoli sugli Imenotteri… 

Formiche del gruppo Formica rufa: le cacciatrici di bruchi

Vespe e Piralidi del bosso

Articoli in fase di espansione: la ricerca sulle api e sugli altri Imenotteri potrebbe raggiungere dimensioni notevoli ed essere ulteriormente suddivisa in vari capitoli. Per il suo ampliamento o completamento si richiederà – direttamente agli autori – l’autorizzazione all’utilizzo delle loro foto e/o dei loro testi. Grazie in anticipo per gli eventuali suggerimenti e per le segnalazioni di nidi  con api allo stato selvatico: le osservazioni che ne scaturiranno saranno preziose.

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