Ospiti graditi e inaspettati: negli articoli in cui si tratta di colture si è parlato – e si continuerà a parlarne – dei “preziosi alleati” degli orticultori e dei giardinieri dilettanti. In effetti l’orto e il giardino di casa – sebbene siano ambienti artificiali e controllati dagli interventi umani – possono riservare sorprese. Sorprese piacevoli, ma da interpretare…
Tra gli organismi che lo popolano stabilmente (o che potremo attirare senza problemi) occorre riconoscere il ruolo ecologico di alcune specie che mi pare giusto annoverare tra gli “alleati” degli orticultori e di quanti si dedicano al giardinaggio. Tra queste: i piccoli predatori, gli uccelli insettivori, gli impollinatori, i lombrichi e le larve che si nutrono dei detriti vegetali arricchendo il suolo. Un articolo, questo, che rimanda ad altre pubblicazioni …
Foto in alto a sinistra: una raganella che ha appena lasciato l’acqua. Il piccolo anfibio – giunto ormai al termine della metamorfosi – sta perdendo l’ultimo tratto della coda ed è finito tra fiori degli zucchini che crescono a fianco della vasca d’acqua utilizzata per l’irrigazione. Al centro: ape mellifera mentre feconda un fiore di borragine. La borragine in alcune località cresce spontanea e in abbondanza: si moltiplica per seme senza problemi e può capitare di vederla nascere anche dal terriccio generato dal compostaggio domestico. A destra: un codirosso maschio che rientra nel nido con un bruco nel becco. L’uccello – che ha approfittato del riparo offerto dalle travature di un ripostiglio – tiene a bada gli insetti che divorano le colture. Anfibi: raganelle in amore e un rospo per amico
Rospi (Bufo bufo) – Dalle mie parti (nelle colline della Bassa Valsesia) i rospi erano i più fedeli alleati degli orticultori e dei frutticultori. La terra arida e ghiaiosa delle vigne non era certo l’habitat ideale per i batraci, ma nei terreni freschi e profondi – per lo più tenuti a frutteto o a seminativo – i rospi riuscivano a cavarsela: rintanati tra le radici, passavano le giornate estive all’ombra poi, con il fresco della sera, uscivano a far strage di bruchi e di lumache. I contadini lo sapevano e per questo motivo li rispettavano. Tra gli appezzamenti non mancavano modesti invasi scavati nel terreno: nel migliore dei casi erano alimentati da modeste sorgenti, ma spesso potevano raccogliere solo l’acqua piovana. In quelle pozze a volte si rifugiava qualche rana, però… ai rospi proprio non andavano a genio e per la riproduzione utilizzavano i ruscelli: le loro uova – raccolte in lunghi cordoni impigliati tra i rami sommersi – erano visibili sin dall’inizio della primavera e si potevano trovare ancora a maggio quando un misterioso “orologio biologico” li spingeva – e ancora li spinge – ad abbandonare la vita solitaria e a incontrarsi presso i corsi d’acqua per assicurare la continuità della specie. In Valsesia, in effetti, la riproduzione dei rospi celebra i propri riti in tempi diversi: al Lago di Sant’Agostino i raduni avvengono a cavallo della Pasqua. Altrove gli incontri avvengono anche nei mesi successivi: i girini della foto sotto nuotavano in una tranquilla ansa della Sesia, a circa 600 m di altitudine; molto probabilmente le uova erano state deposte a maggio. In Valsesia ho notato solo la specie Bufo bufo, ovvero quella della foto posta all’inizio del paragrafo, di conseguenze le altre saranno trattate in nuovi lavori.
Una esperienza personale – Tanti e tanti anni fa, in perlustrazione lungo un ruscello non lontano da casa, trovai una pozza che si stava disseccando per la siccità di un agosto torrido. Dentro l’ultima acqua nuotavano ancora una decina di girini di rospo: gli altri erano già finiti in pasto a qualche biscia o ai corvi. Li raccolsi in una scatola, li portai vicino a casa e li sistemai in un capace mastello. I girini, completato il loro ciclo e diventati adulti, lasciarono l’acqua e sparirono chissà dove. La primavera seguente, in occasione delle prime piogge, camminando mi imbattei in un paio di rospetti e così avvenne per tutte le serate piovose della stagione calda. Ora – e sono ormai passati parecchi anni – quando muovo una ceppaia o sposto delle pietre, trovo ancora qualche rospo, a volte anche degli esemplari giovani. Molto probabilmente vanno a riprodursi in qualche ruscello, poi tornano. L’esperienza insegna che i rospi solitari che vivono negli orti e nei giardini urbani durante la stagione riproduttiva potrebbero lasciarli per tentare di raggiungere altri batraci. Le conseguenze sono i ben noti e tristi “incidenti di percorso” che li vedono concludere la loro esistenza sotto le ruote di qualche auto…
Vai a Lago di Sant’Agostino
Raganelle – Al contrario dei rospi, le raganelle nella Bassa Valle sono presenti a macchia di leopardo. Nelle risaie sono invece molto comuni: ospiti abituali del luogo in cui si è scattata la foto, le raganelle depongono le uova nella tarda primavera, quando – soprattutto di notte e in previsione della pioggia – lanciano richiami amorosi che rimbalzano di frasca in frasca. I girini raggiungono lo stadio adulto in estate, lasciano l’acqua e spariscono nella vegetazione. Le raganelle sono ghiotte divoratrici di piccoli invertebrati: insieme ai rospi, possiamo considerarle tra i preziosi alleati degli orticultori e di quanti amano i cosiddetti “giardini selvaggi”. La loro presenza va incentivata: quando la primavera corre asciutta lascio almeno un recipiente colmo d’acqua a disposizione delle rane e delle raganelle che vivono attorno a casa. Le coppie vi si arrampicano agevolmente e vi depongono le uova: le agili raganelle lo fanno persino in vasche alte più di mezzo metro, ma in genere conviene adottare un recipiente basso e largo. Con le prime piogge sarebbe bene trasferire i girini in sovrannumero in ambienti più adatti, ma alcuni esemplari possono completare il loro ciclo vitale nella vasca in cui sono nati.
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Rettili: timidi orbettini e veloci ramarri
Un tempo gli orbettini erano guardati con diffidenza: quand’ero bambino circolava persino un detto che li dipingeva come mordaci: “… dove morde porta via”, si diceva. Niente di più falso: quando si incontrano sui sentieri – per non far correre loro dei rischi – è meglio spostarli in luoghi men frequentati. In questo caso possono essere manipolati senza problemi perché, a differenza delle lucertole, non provano neppure ad aprire la bocca.
Durante il periodo di isolamento della scorsa primavera (2020) grazie a una indagine portata avanti a mezzo Web nel gruppo “Montagne della Valsesia” ho avuto modo di prendere atto che i pregiudizi sugli orbettini tra le popolazioni della Valle sono ormai scomparsi del tutto. L’indagine ha permesso di evidenziare che la specie è presente in tutti i centri abitati fino agli ultimi insediamenti umani e che la loro utilità è riconosciuta. Nessuno – almeno in Valle – ha manifestato timori nei loro confronti e molti hanno fatto rilevare che purtroppo – durante lo sfalcio dei prati o la lavorazione dei terreni – gli orbettini un po’ lenti e distratti possono finire vittime delle falci, dei decespugliatori e delle motozappe, ma nessuno pensa ad ucciderli deliberatamente. La cosa è rassicurante e fa pensare che gli esemplari che ancora si possono trovare morti ammazzati ai lati del sentiero siano vittime di persone incompetenti che proprio non li conoscono, o di qualche animale. Del resto la paura verso ciò che striscia è un male atavico e, come tale, per sradicarlo ci vorrà ancora tempo e pazienza.
Ramarri – La tolleranza verso i ramarri e le lucertole è nota da tempo: vivono nei muretti, al mattino si scaldano al sole e durante il giorno vanno a caccia degli insetti, per cui… quando acchiappano le mosche sono i benvenuti. Quando si sente in pericolo il ramarro mostra la bocca rossa di sangue: in pratica si avvale del richiamo al sangue per scoraggiare, in modo spiccio ed eloquente, chi lo minaccia. Questa particolarità un tempo incuteva una certa preoccupazione. Il soggetto della foto sotto era stato messo alle strette da un gatto che – forse solo per giocare, o nella speranza di farne un boccone – lo rintuzzava senza tuttavia attaccarlo.
Torniamo ai rapporti dei coltivatori di un tempo con i rettili. Le “ratere” (Biacchi) e i colubri (Colubro di Esculapio) erano ben tollerati e – per quanto mordaci – in genere venivano lasciati in pace perché tutti li conoscevano nel loro ruolo di predatori dei topi campagnoli. I piccoli roditori, in effetti, in inverno si nutrivano delle radici carnose lasciate a svernare nel terreno, in primavera si dedicavano invece alle patate appena seminate, per passare poi alle fragole coltivate e a tutto ciò che di commestibile poteva rendere loro la vita meno grama. Ricordo, ai bordi di un orto, un cumulo di ramaglie e di sostanza organica coperto con un telo scuro destinato alle bisce. Queste di giorno se ne stavano al caldo, per uscire al momento opportuno in cerca di prede. A dispetto della loro funzione ecologica e del fatto che sono rigorosamente protette… capita però di trovarle accoppate, con tanto di esposizione del cadavere, ad opera di alcuni soggetti che – vestiti i panni dei cavalieri antichi – si sentono valorosi cacciatori di draghi. Le vittime principali sono le Coronelle: somigliano vagamente alle vipere e ciò non porta loro fortuna.
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Bombi e altri impollinatori
I cultori del “giardino vivo” e quanti si dedicano alle colture in serra si avvalgono sempre più dell’opera provvidenziale degli insetti impollinatori. Un giardino popolato di piccoli organismi non è solo una moda passeggera, ma uno dei luoghi in cui si preserva la biodiversità. Per gli operatori delle serre, per i frutticultori e per chi coltiva i prati stabili la questione valica i confini dell’ecologismo e approda al portafogli: avere dei buoni impollinatori significa anche arrivare a un reddito maggiore. Da tempo si parla di insetti quasi misconosciuti che – a dispetto delle loro modeste dimensioni – svolgono ruoli di immensa importanza economica ed ecologica. Ed è così che – insieme alle cassette nido – negli spazi verdi compaiono le “casette” che hanno lo scopo di ospitare le cosiddette “api solitarie” e altri imenotteri. Un tema affascinante ancora da sviluppare…
La foto a lato mostra una Osmia mentre rientra nello spazio per lei predisposto: la prole è accudita nella cavità di una canna. Su più fronti, sono in corso interventi volti a favorire la presenza di questi minuscoli imenotteri noti anche come “api solitarie”. Si farà tesoro di questi esperimenti: raccontando gli insuccessi , i successi e gli accorgimenti messi in atto.
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Uccelli: alleati e furbi ladroni
Non tutti gli uccelli che frequentano gli orti sono sempre graditi: chi non li conosce e non sa come gestirli li odia, chi li capisce li adora. Il merlo della foto in basso si nutre dei piccoli frutti di un melo ornamentale ma in altri casi le attenzioni dei merli sono dirette a prodotti preziosi: tra questi i mirtilli e le ciliegie.
Nella dieta dei merli rientrano non solo i piccoli frutti commestibili: sono pure accaniti cacciatori di lombrichi. Specialmente all’epoca della nidificazione li cercano nel terreno umido, nelle aiuole seminate di fresco e, in mancanza di meglio, persino nei vasi dei fiori: nel farlo scombussolano sia il seminato che i piani di chi vi ha provveduto e suscitano legittime ire. I frugivori passeri, le tortore e altri volatili confidenti fanno altrettanto, ma prima di condannarli sarà bene ricordare il loro ruolo di cacciatori di insetti. La soluzione sta nelle coperture dei seminati con teli e reti, nonché nella posa delle note sagome di uccelli rapaci sui rami carichi di frutti maturi.
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Foto a lato: Cassetta nido con cinciarelle. Uno dei genitori rientra con un bruco nel becco. L’altro si appresta a lasciare il nido per tornare a caccia di prede destinate a calmare la fame della prole.
L’alloggio è costituito da una robusta cassetta-nido in cemento posizionata a circa tre metri da terra. Il manufatto assicura una ottima protezione ai nidiacei.
Cince: le varie specie, il loro ruolo ecologico e le loro presenze sono descritte in un articolo precedente insieme a qualche osservazione sulle cassette nido e sulle provvidenziali mangiatoie che, mentre le attirano verso i parchi, i coltivi e i giardini… le aiutano a passare l’inverno.
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Visite inattese in un orto di montagna…
Nell’orto di Giovanni, le foto del vecchio camoscio venuto ancora una volta a tenergli compagnia….
Scriveva Giovanni in merito a questo suo inusuale ospite:
“Sono anni che a primavera, quando torno nell’orto a zappare, questo vecchio camoscio mi viene a trovare, e se ne sta lì delle ore a osservare i miei traffici, e par che pensi “ma che fatica che l’è a essere umani”. Il camoscio sa mettersi anche in posa da camoscio imbalsamato. … ad ogni scricchiolio di foglia secca guarda intorno attento, pronto a cogliere per tempo se il pericolo si avvicina … ma i rumori che faccio io invece non lo allarmano, mi crede consueta parte del paesaggio. […] … ciao vecchio amico, tornatene su per le rupi, che mica tutti gli umani sono adatti a fare due silenti chiacchiere in selvatica compagnia.”
Franco Gray (All’anagrafe: Franco Bertola)
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