Fiori d’inverno: sbocciano anche prima dell’ultima neve. A volte li troviamo sotto le nevicate tardive; ne vengono sommersi ma… spesso ritornano. I “Bucaneve”, gli Ellebori e i Crocus sbocciano per primi, con la loro comparsa arriva anche il ronzio degli insetti…
Foto in alto – A sinistra un Elleboro (Helleborus foetidus); seguono un Campanellino di primavera (Leucojum vernum) e un Anemone dei boschi (Hepatica nobilis). Troviamo poi un Eritronio, noto anche come Dente di cane (Erytronium dens-canis). Nell’ultima foto a destra: la Polmonaria (Pulmonaria officinalis).
Gli ellebori
Tra i “fiori d’inverno” il più noto è forse l’Elleboro, conosciuto anche come “Rosa di Natale”
A sinistra: pianta di Elleboro disegnata da Federica Giacobino
Vuoi per la sua bellezza, vuoi per la sua fioritura precoce, l’Elleboro è diventato una pianta coltivata. La manipolazione e la selezione delle piante portano a cambiamenti notevoli: di conseguenza, rispetto alla specie selvatica, l’aspetto degli ellebori coltivati è molto mutato e li possiamo ammirare sia come pianta da vaso che da giardino. Nelle varietà selezionate dai floricultori la pianta ha assunto diverse dimensioni e mostra colori dalle molte sfumature che spaziano tra il verde chiaro e il bianco delle corolle fiorite. Nell’osservare le foto che ritraggono gli ellebori allo stato selvatico si notano parecchie differenze a seconda della zona in cui sono stati rinvenuti: riguardano i colori, le dimensioni e il portamento. Di conseguenza viene da pensare che queste piante – forse buttate al termine della fioritura – siano rinselvatiche e abbiano colonizzato picccole porzioni di territorio mantenendo, almeno in parte, i caratteri ricevuti durante la fase in cui erano coltivate. In effetti dalle mie parti gli ellebori selvatici sono abbastanza rari. Sul Monte Fenera il loro fiore è di color verde e la loro altezza non supera i trenta centimetri; qua e là sono però visibili, ai bordi dei sentieri che portano agli abitati, esemplari di Elleboro rinselvatichiti o ibridati. I tentativi di spiegare le differenti tonalità e la provenienza di queste piante tanto “diverse” sino ad ora si sono esauriti in un nulla di fatto: di conseguenza non rimane che ammirarli così come li troviamo o… approfondire le nostre consoscenze sulla base della bibliografia più accreditata.
Lo stesso discorso vale per altre specie quando la loro forma e il loro colore sembrano scostarsi dagli stereotipi cui siamo abituati: che si tratti di crocus, di primule o di ellebori, lungo i sentieri abbiamo spesso la possibilità di ammirare piante che, sfuggite alle coltivazioni e rinselvatichite, si sono adattate a nuove condizioni di vita.
Primo sole
Sulle colline valsesiane i “fiori d’inverno” che sbocciano per primi in genere sono i Leucojum vernum della foto a lato. Sono noti come “Campanellini di primavera” anche se, a dispetto del nome, nella Bassa Valle fioriscono molto prima della metà di marzo. Li troviamo soprattutto lungo il corso dei ruscelli, nelle zone ombrose, umide e ricche di humus. Dai bulbi sotterranei, a volte affioranti, spuntano foglie verde scuro e lunghi steli fioriti; le piante sono spesso riunite in mazzetti. In genere i Campanellini compaiono un po’ prima dei crochi che colorano i prati e a volte i loro fiori finiscono sotto le ultime nevicate…
I “fiori del gelo” spuntano ovviamente in tempi diversi a seconda dell’altitudine, della latitudine e del microclima locale. Con una breve carrellata su alcune delle specie più significative fotografate allo stato selvatico sono qui di seguito illustrate piante cresciute tra radure, boschi e pascoli a quote e a latitudini diverse…
La foto a lato (di Massimo Gullotti) è stata scattata in Valsesia nei pressi di Boccioleto, il paese che sorge in Val Sermenza a poco più di 650 metri sul livello del mare. Alla fine di un inverno piuttosto nevoso i crocus sbucano dal terreno e fioriscono tra l’erba ancora disseccata dal gelo. Crescono in un luogo esposto al primo sole: sulle alture e negli angoli ancora in ombra per lunghe ore la neve non si è sciolta completamente, ma presto i prati mostreranno le prime esplosioni di colore.
Il genere Crocus comprende piante bulbose appartenenti alla famiglia delle Iridacee. I crochi sono frequenti nei prati e nei terreni ricchi di humus dei boschi di latifoglie, rifuggono i terreni acidi e li troviamo per lo più nei suoli basici o neutri. Le specie sono molte e spesso la loro catalogazione è incerta. Ciò che è invece certo è che i crochi hanno una certa somiglianza con il colchico, pianta tossica di dimensioni maggiori che però fiorisce a settembre e che – a sua volta – potrebbe essere confusa con lo zafferano (il noto Crocus sativus), pianta coltivata. I crochi sono piante perenni di vari colori che nei giardini si moltiplicano con una certa facilità.
Piante tossiche e piante velenose – Vista l’importanza del tema e la pericolosità di alcune piante l’argomento – sentiti gli esperti e trovate le immagini – sarà ripreso con i dovuti dettagli nei prossimi articoli.
I “Bucaneve”
I “Bucaneve”, fiori dal nome appropriato. Li troviamo pronti a sbocciare già allo scioglimento della neve poi, con l’aumento della temperatura, gli steli si allungano insieme alle foglie e i petali si aprono…
Nella foto a lato: dettagli dei fiori. All’apice degli steli troviamo fiori bianchi caratterizzati da tre lunghi petali esterni e da altrettanti petali (tepali) interni più corti. Alla base troviamo l’ovario: si ingrosserà al termine della fioritura e formerà una capsula contenente i semi. La pianta si propagherà anche grazie alla moltiplicazione spontanea dei bulbi.
I Bucaneve sono piante perenni presenti in parecchi boschi e coltivate nei giardini. I loro bulbi si rinnovano e si moltiplicano facilmente e, di anno in anno, formano chiazze con foglie allungate e steli verdi. La loro presenza nei boschi non è costante: in alcune zone sono introvabili, sostituiti dagli altrettanto noti Campanellini.
I Bucaneve crescono a quote comprese tra il livello del mare e il piano montano, il loro habitat ideale si trova a quote collinari e diventano sempre più rari con l’aumento dell’altitudine. Nella bibliografia consultata e in Acta Planctarum i Bucaneve sono dati per presenti nella quasi totalità della Penisola, ma in modo non costante. In “Flora della Valsesia” (Soster, Bibl. 1) la specie non è descritta ma ho individuato un insediamento in una località del Monte Fenera nei pressi del Torrente Magiaiga. Si tratta quasi certamente di esemplari sfuggiti alle coltivazioni e rinselvatichiti.
Dopo la neve: radure e prati
Primi fiori, primi insetti
Con i raggi tiepidi compaiono gli insetti che sono riusciti a passare l’inverno: tra questi le api mellifiche che compiono i cosiddetti “voli di puficazione”, le vespe che fonderanno nuove colonie, le farfalle, le mosche e i sirfidi. Nella foto in alto una timida apparizione dei fiori azzurri della veronica (Vernica persica) e, a destra, un dittero (Episyrphus balteatus) in cerca di sostanze nutritive. La vita di questo piccolo Sirfide – noto per la sua capacità di fermarsi a mezz’aria grazie alle sue piccole ali – è ben descritta in Wikipedia…
Vai a Episyrphus balteatus – Wikipedia
Nella foto sotto un altro “folletto dei boschi”: una Macroglossum stellatarum sorpresa mentre – ferma a mezz’aria – sugge il nettare dai fiori di una polmonaria. La polmonaria (Pulmonaria officinalis) fiorisce lungo i fossati: i suoi fiori appena sbocciati tendono al rosso pallido, poi cambiano gradatamente il colore e mostrano le sfumature dell’azzurro.
Boschi: la poligala e l’erica
Foto in alto: Poligale (Polygala chamaebuxus) in fiore –
Come mostrano le due foto in alto, la Poligola ha delle varianti: in alcune piante i fiori possono esssere bianchi, in altre i colori tendono invece al rosso-carminio; la parte centrale è giallastra con tonalità più o meno marcate con sfumature cariche di suggestioni. La fioritura avviene in tempi diversi, ma nelle zone collinari ben esposte al sole la pianta fiorisce già alla metà di febbraio (Prealpi). Presente soprattutto nell’Italia settentrionale, predilige i terreni asciutti e ghiaiosi. La troviamo ai lati dei sentieri, in piccoli insediamenti profumati…
Nota: Una varietà color porpora di Poligala è catalogata come Polygonoides chamaebuxus.
A destra: Erica erbacea (Erica carnea) in fiore.
Siamo in presenza di una pianta bassa e strisciante che cresce spesso ai margini dei boschi, nelle radure o nei pressi di vecchie ceppaie. In genere l’erica ricopre modeste porzioni di terreno formando macchie colorate che, sin dai primi tepori, attirano gli insetti. Il fusto striscia sul terreno per sfruttarne il calore ed emettere nuove radici. Le foglie (aghiformi) alla ripresa mostrano ben presto un bel colore verde brillante, i fiori sono riuniti in grappoli alla sommità dei fusticini.
Altri fiori d’inverno
Note conclusive e buoni propositi…
In questa breve panoramica sono state omesse alcune specie note che tuttavia meritano attenzione: cito – a titolo di esempio – le Primulacee, il Farfaraccio, la Scilla bifolia e i Seneci. Ciò premesso, mi preme sottolineare che l’argomento “Primi fiori” sarà ripreso e continuerà a essere illustrato, sia pure calato in modo massiccio nelle diverse realtà locali, con riferimenti agli endemismi e alle specie protette.
Un esempio – La Valsesia inizia a circa 300 m di altitudine e possiamo farla finire sui versanti del Monte Rosa. Prendendo come punto di partenza la zona collinare e come ultimo riferimento i sentieri che si diramano dal Passo dei Salati (a circa 3000 mslm) troviamo un dislivello di quasi 2700 metri, con tutte le variazioni climatiche che questo comporta. I processi di adattamento delle piante e degli animali legati alle condizioni ambientali sono pressoché infiniti: sarà perciò interessante tentare di evidenziarne alcuni. Per farlo, sarà necessario abbandonare il criterio qui adottato dei fiori che sbocciano quando – stando al calendario – si è ancora in inverno.
I prossimi articoli prenderanno spunti dall’altitudine, di conseguenza tratteranno di quelle piante che fioriscono con la scomparsa della neve. Sebbene si assista al noto fenomeno del riscaldamento globale, a quote montane il manto bianco si scioglie in primavera: in questo caso non si potrà più parlare di “fiori d’inverno”, ma di stagioni vegetative.
Alcuni riferimenti alle piante e agli ambienti che già sono state illustrati:
Peonie – Vai a Le delicate peonie della Valle dei Tremendi
Franco Gray (All’anagfe: Franco Bertola)
1 – Mario Soster, Flora valsesiana – Ediz Blu, 2008
2 – Autori vari, Guida alle piante d’Italia e d’Europa – Touring Club Italiano, S.d.
3 – Sandro Pignatti, Flora d’Italia – Edagricole 1982 – Gli Ellebori sono descritti nel Vol I a pag. 279
Avvertenza – Il sito chiede sempre il permesso per l’utilizzo delle foto e per la pubblicazione degli eventuali testi completi che compaiono nei vari articoli – Tutto il materiale resta di proprietà degli autori e non potrà essere utilizzato senza la loro esplicita autorizzazione, ma sono gradite le condivisioni.