L’autunno 2020 in Valsesia. Il dolce fine-settembre tra prati e pascoli. Poi le grandinate che, nella Bassa Valle, hanno costretto a una precipitosa vendemmia. I primi giorni di ottobre con il cielo che inondava la terra…
Valsesia, fine settembre 2020 – I primi giorni d’autunno sembravano carichi di promesse. Mentre nei frutteti di montagna le mele prendevano colore, nei boschi maturavano i frutti selvatici e crescevano i primi funghi. Nelle vigne della Bassa Valle si prospettava una bella vendemmia, nei pascoli alti il sole era ancora caldo e c’era rimasta un po’ d’erba da brucare…
Se all’Alpe Maccagno (2188 m slm) alla fine di settembre i pascoli erano ancora pingui, i boschi e gli altri alpeggi che caratterizzano l’Alta Valle brulicavano di vita…
Foto in alto – Una faggeta con le foglie ancora lucide che accennano appena a cambiare colore e un tranquillo tardo pomeriggio nei pressi della Sesia al ponte dei Dinelli (Ponte Di Otra, Scopetta, Fraz del Comune di Scopa). Il luogo è ben noto agli amanti delle escursioni in bicicletta da montagna, a chi fa rafting e canoa, ai geologi e agli escursionisti. In effetti fa parte di una pista ciclabile che attraversa la Sesia e diventa punto d’imbarco per chi pratica sport d’acqua. Come se ciò non bastasse il sito è stato ed è oggetto di studio per le sue rocce (vedi Supervulcano della Valsesia). Costruito per favorire l’accesso agli alpeggi ora abbandonati, il ponte diventa punto di passaggio obbligato per chi ama avventurarsi nei boschi e raggiungere le solitarie e impervie vallate che portano verso i Denti di Gavala.
Ottobre d’acqua e di sventure
Tempo da lupi – la notte tra il due e il tre di ottobre di questo sfortunato 2020 è stata da incubo: incubo dovuto alla pioggia scrosciante, ai frastuoni dei corsi d’acqua e al presagio che – vista la quantità delle precipitazioni – non stava succedendo niente di bello. Non era il solito “maltempo” con cui talvolta vengono definite le giornate di pioggia o le precipitazioni del fine settimana. Stavolta il maltempo c’era davvero e i risultati di quelle piogge fu ben noto a tutti sin dall’alba, quando arrivavano le prime notizie sulle persone disperse, sui crolli dei ponti e sulle strade interrotte, sugli allagamenti e su una lunga serie di altre disgrazie. Da fonti di seconda mano si apprese subito che in alcune località la pioggia stava raggiungendo la soglia critica dei 500 millimetri. Per fare un paragone, parecchi anni fa in alcune zone della Bassa Valsesia le precipitazioni annuali si aggiravano sui 700 millimetri l’anno. Detto in breve, in poche ore il suolo stava ricevendo una quantità d’acqua che si avvicinava a quella che un tempo cadeva in un intero anno solare.
La fotoelaborazione in alto ha valore di metafora evocativa. “Tempo da lupi” è una definizione da sempre in uso che sta ad indicare situazioni meteorologiche critiche. Ad evitare false interpretazioni, preciso che la foto dello sfondo mostra una località della Valsesia a circa 700 m slm. I lupi furono invece fotografati dal sottoscritto parecchi anni fa a Civitella Alfedena, nel Parco Nazionale del Lazio, Abruzzo e Molise…
Ai Dinelli, lungo il fiume…
Primo pomeriggio del 3 ottobre: pioviggina ancora ma il grosso dell’onda di piena è ormai passato. Ammassati contro il ponte, gli alberi sradicati testimoniano la portata d’acqua raggiunta dal fiume durante la notte e lungo le sponde rimangono i resti di ciò che la furia della corrente ha distrutto: nei prati che costeggiano le sponde si trova qualche pesce morto, abbandonato tra l’erba dalla corrente che ancora si sta ritirando. Il passaggio verso la sponda destra è completamente ostruito, i cartelli posti dall’Associazione Supervulcano della Valsesia che raccontavano la storia geologica del luogo sono stati trascinati chissà dove insieme a parte delle opere destinate alla pista ciclabile. Lungo le sponde del torrentello che si butta nella Sesia si notano grossi tigli sradicati. Altrove è andata ben peggio: le notizie che rimbalzano tra i media parlano di persone disperse.
Serravalle e il “ponte del trenino”
Lasciamo il Comune di Scopa e arriviamo in quello di Serravalle. Le foto di Alberto Mazzone documentano la situazione in quello che un tempo era noto come “Il ponte del trenino” in quanto – ai tempi in cui la Cartiera di Serravalle era fiorente – vi transitava un trenino carico di risme e di rotoli di carta. Passato il ponte, si dirigeva poi verso la stazione ferroviaria di Grignasco perché i prodotti della fabbrica – caricati sui ben più capaci vagoni – finissero nelle aziende di trasformazione.
1968 – La storia dei trasporti sul “ponte del trenino” finisce nel novembre del 1968, a causa dell’alluvione che devastò la Valsesia e la Valsessera. Era la notte del 2 novembre: per la furia della corrente, crollarono alcuni piloni e il collegamento su strada ferrata tra il Capoluogo e Grignasco cessò di esistere. Secondo alcune fonti quella ormai lontana “batosta” segnò il lento declino della gloriosa cartiera di Serravalle: il trasporto della produzione continuò ovviamente su gomma ma nel 1982 lo stabilimento cessò di produrre…
L’alluvione del 1968, ricordi personali – La “microstoria” che segue – vissuta e raccontata in prima persona – forse aiuterà a rendere l’idea di come andavano le cose in quegli anni ormai lontani. Nel novembre del 1968 – ormai alla fine del servizio militare di leva – mi trovavo a Livorno, nel I Battaglione Paracadutisti. Le notizie dell’alluvione erano già arrivate, ma in maniera ovattata. Non ero in apprensione: se fosse successo qualcosa di grave qualcuno mi avrebbe avvisato: “… nessuna nuova, buona nuova” pensavo.
La mattina di quel lontano novembre ero in città. Appena rientrai il maresciallo di fureria venne a cercarmi perché il capitano mi aspettava in ufficio. Sul subito sperai che ci fossero comunicazioni di servizio o qualche grana [detto tra parentesi, giusto un paio di giorni prima avevo avuto un franco scambio di idee con un tenentino e con in “nonno” che avrebeb voluto tiranneggiare le reclute] poi però cominciai a temere il peggio. “C’è una licenza di dieci giorni pronta”, concluse il maresciallo. Mi precipitai a prenderla, il capitano mi disse una parola di incoraggiamento, lo salutai e me ne andai. Subito dopo incontrai il compianto Omar Aprile Ronda: era di un’altra compagnia ma ci si sentiva spesso e ed era venuto a cercarmi, anche lui con la sua brava licenza in mano. Omar abitava in Valsessera nella zona di Trivero e, dalla faccia, capii che da quelle parti la situazione non era delle migliori. Partimmo subito e, dalla stazione di Livorno, arrivammo nel Vercellese (non ricordo esattamente dove) nel pieno della notte: da lì in avanti non c’erano più treni in servizio. Ci mettemmo in cammino sperando nella buona sorte e la fortuna ci aiutò sotto forma di una macchina della polizia: eravamo in divisa e i poliziotti (forse violando qualche oscuro regolamento) ci portarono fino a pochi metri da casa mia. I miei erano già svegli. Niente di irreparabile: a cento metri da casa c’era stata solo una piccola frana ma… continuava a piovigginare.
Omar voleva proseguire: salimmo sulla mia moto e – schivando sassi e detriti – arrivammo dai suoi. La sua casa c’era ancora, ma il panorama che avevamo incontrato era almeno inquietante. Tanto per citare qualcosa: il ponte sul torrente Sessera presso la Cartiera di Crevacuore era crollato, proprio come quello di Serravalle.
Foto in alto – I resti del ponte del trenino crollato nel 1968 e nuovamente assaliti dall’acqua il 3 ottobre 2020 ricordano che la storia delle piene che hanno funestato la vita alle popolazioni della Valsesia è lunga e tragica. Dieci anni dopo la butta esperienza del 1968, in effetti, la Valle conobbe altre distruzioni…
1978: storia di una alluvione con equivoco – La gente della Valsesia in caso di necessità sa essere solidale. Ai primi di agosto del 1978 ero in Alta Valle con un gruppo di amici. Dopo i nubifragi del 7 e 8 agosto crollarono parecchi ponti, le frane ostruirono le vie di comunicazione e rimanemmo isolati in un paesino di cui neppure ricordo il nome. Nel gruppo c’erano anche due giovani donne in stato di avanzata gravidanza: una era mia moglie. Vista la situazione, tutti quanti fummo ospitati in una casa privata. Per aiutarci a passare la notte alla meno peggio il proprietario stese sul pavimento dei materassi e delle coperte. Ci diede qualcosa da mangiare e a tarda sera ci sdraiammo tutti a terra sperando di riuscire a dormire. Nel cuore della notte – scosso dai rumori inquietanti di quella lontana tragedia – mi svegliai preoccupato e cercai di abbracciare mia moglie per rassicurala. Dal sobbalzo che ne seguì capii che stavo cercando di abbracciare il marito della sua amica che dormiva alla mia sinistra. Mi ero girato male: mia moglie si trovava dall’altra parte. La mattina arrivò con il sorriso: quell’equivoco notturno aveva stemperato un po’ la tensione.
Quando torna il sereno…
La tempesta è passata, si contano i danni dell’alluvione ma è arrivata l’ora di ricominciare…
Franco Gray (all’anagrafe: Franco Bertola)
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