I vecchi alberi meritano di essere salvati. In effetti possono testimoniare i fatti avvenuti sotto le loro chiome e sono spesso legati a miti e a leggende. Sarà inoltre interessante conoscere la funzione ecologica di quei “patriarchi” che caratterizzano i boschi o che fanno bella mostra di sé nei parchi e nei giardini. Come già si è evidenziato in Gli “arbu”, un patrimonio da salvare i grandi alberi sono:
– cultura;
– attrattiva naturalistica;
– anello della catena alimentare;
– casa degli animali.

Aspetti del castagneto. A sinistra, un vecchio albero di castagno ancora in produzione sebbene attaccato dal Cinipede galligeno, un parassita che provoca galle e disseccamenti dei germogli. Al centro un particolare del vetusto Castagno di Sostegno, un albero monumentale ritenuto “il più vecchio del Biellese”. A destra un giovane allocco nato e cresciuto nel tronco cavo di un castagno centenario (Foto: Franco Gray).
Vecchi alberi, casa degli animali…
I tronchi ormai decrepiti dei vecchi alberi diventano casa di diversi tipi di uccelli, dispensa degli scoiattoli, rifugio per i moscardini e i ghiri che vi passano l’inverno in letargo, raggomitolati in nidi tondi di erba secca. Al suolo, i tassi scavano la tana tra le radici, le volpi, le donnole e gli altri predatori si aggirano furtivi alla caccia di qualche roditore…

Moscardino (Muscardinus avellanarius) in letargo. Il piccolo roditore passerà l’inverno all’interno del vecchio castagno, in una cavità foderata di erbe e di foglie secche. Sul vetusto tronco sono ben visibili i fori lasciati dai picchi: con l’arrivo della primavera il quadro cambierà radicalmente e l’albero assumerà nuove funzioni. (Foto: Franco Gray)
Stessa cavità, inquilini diversi: il picchio muratore e i calabroni

Stessa cavità, inquilini diversi. Il medesimo tronco è prima occupato da una famiglia di Picchio muratore e, successivamente, da una nidiata di (temibili) calabroni… (Foto: Franco Gray)
Lo stesso tronco decrepito di un melo ormai disseccato con il passare del tempo diventa rifugio per specie molto diverse. In primavera la cavità è occupata dal Picchio muratore (Sitta europaea). Il foro (probabilmente opera del Picchio rosso) era di dimensioni troppo grandi e ciò avrebbe consentito l’accesso ai possibili predatori: di conseguenza il nuovo padrone di casa ha provveduto a ridurlo utilizzando del fango. Qualche tempo più tardi la stessa cavità è utilizzata dai calabroni. Il Calabrone (Vespa crabro) costruisce il proprio nido in luoghi riparati, talvolta addirittura nelle canne fumarie, spesso negli angoli dei vecchi muri. In questo caso il favo – realizzato utilizzando residui vegetali ridotti a poltiglia e impastati – assume forma ellittica e può espandersi liberamente. Con l’arrivo del freddo la colonia perde di vitalità ma, durante l’inverno, le cavità offrono rifugio alle nuove regine: queste, in primavera provvederanno a realizzare le cellette in cui deporranno le prime uova.