I vecchi alberi meritano di essere salvati. In effetti possono testimoniare i fatti avvenuti sotto le loro chiome e sono spesso legati a miti e a leggende. Sarà inoltre interessante conoscere la funzione ecologica di quei “patriarchi” che caratterizzano i boschi o che fanno bella mostra di sé nei parchi e nei giardini. Come già si è evidenziato in Gli “arbu”, un patrimonio da salvare i grandi alberi sono:
– cultura;
– attrattiva naturalistica;
– anello della catena alimentare;
– casa degli animali.
Vecchi alberi, casa degli animali…
I tronchi ormai decrepiti dei vecchi alberi diventano casa di diversi tipi di uccelli, dispensa degli scoiattoli, rifugio per i moscardini e i ghiri che vi passano l’inverno in letargo, raggomitolati in nidi tondi di erba secca. Al suolo, i tassi scavano la tana tra le radici, le volpi, le donnole e gli altri predatori si aggirano furtivi alla caccia di qualche roditore…
Stessa cavità, inquilini diversi: il picchio muratore e i calabroni
Lo stesso tronco decrepito di un melo ormai disseccato con il passare del tempo diventa rifugio per specie molto diverse. In primavera la cavità è occupata dal Picchio muratore (Sitta europaea). Il foro (probabilmente opera del Picchio rosso) era di dimensioni troppo grandi e ciò avrebbe consentito l’accesso ai possibili predatori: di conseguenza il nuovo padrone di casa ha provveduto a ridurlo utilizzando del fango. Qualche tempo più tardi la stessa cavità è utilizzata dai calabroni. Il Calabrone (Vespa crabro) costruisce il proprio nido in luoghi riparati, talvolta addirittura nelle canne fumarie, spesso negli angoli dei vecchi muri. In questo caso il favo – realizzato utilizzando residui vegetali ridotti a poltiglia e impastati – assume forma ellittica e può espandersi liberamente. Con l’arrivo del freddo la colonia perde di vitalità ma, durante l’inverno, le cavità offrono rifugio alle nuove regine: queste, in primavera provvederanno a realizzare le cellette in cui deporranno le prime uova.